di FRANCO CIMINO
A Montepaone questa sera si è svolto un Convegno su Aldo Moro e “ la verità negata”. Dal titolo del libro di Gero Grassi, profondo conoscitore di Aldo Moro e del suo pensiero politico, oltre che deputato per tre legislatura e relatore della Commissione d’inchiesta sulla tragica fine del presidente della Democrazia Cristiana “ufficialmente” rapito dalle sole Brigate Rosse e vilmente assassinato, dopo lo sterminio della sua scorta, alla fine dei cinquantacinque giorni di bugiarda prigionia. Bugiarda, perché, come sostengono Grassi e i risultati, ancora per me parziali, cui è pervenuta l’inchiesta parlamentare oltre che i setti processi finora celebrati, il tragico destino del più volte presidente del Consiglio è stato segnato sin dall’inizio.
Bugiarda, perché, come documentano i fatti, nessuno l’ha mai cercato veramente. Bugiarda, perché è assurdo credere ancora che, in pieno giorno, nella Città più sorvegliata e protetta al mondo, possa essersi volatizzato l’uomo tra i più importanti e popolari in assoluto. Bugiarda, perché solo un cretino potrebbe far credere che sia stato impossibile trovare un rapito così tanto ricercato in una Roma teoricamente messa sottosopra da migliaia di forze di tipo militare e investigative, tra le quali i più potenti servizi segreti del mondo. Stati Unititi, Israele, Germania, Inghilterra, per dirne alcuni. È stata davvero una serata intensa. Ottima la relazione dell’onorevole Geno Grassi, a lungo protagonista, ancora in pieno servizio francamente, della più dura e contrastata ricerca della verità più necessaria al Paese. Una verità che, se raggiunta pienamente, potrebbe più agevolmente portarci a quelle verità ancora negate sui terrorismi del doppio colore, sulle stragi perpetrate, sulle trame golpiste, alcune delle quali proprio Aldo Moro ha fatto morire sul nascere. L’intervento dell’onorevole Grassi si è sviluppato in due tempi, con un breve terzo del finale ancora aperto sulla vita del grande statista. Nel primo e nel terzo è stato trattato il pensiero, anche filosofico, del leader della Democrazia Cristiana, e il suo straordinario apporto alla Costituzione. La sua idea di Democrazia, che di Libertà si compone. Il suo credo nella Persona, intorno a cui si muove tutta l’azione umana e il divenire della Politica. In questa visione, Moro non è la tragedia di un disegno nefasto contro la Democrazia. Non è quella foto della prigione o l’altra nella Renault rossa. Non è il passato, cioè ieri. Moro, il professore universitario prima (non ancora venticinquenne) all’Universita di Bari e poi (fino all’ultimo suo giorno di libertà) alla Sapienza della Capitale, è il presente. E il domani. Nel secondo tempo, Grasso, da vero indagatore e autentico testimone, rinnova le vere verità all’interno di una sola ancora inenarrabile.
Questa: Moro è stato assassinato da un intreccio di forze convergenti, interne ed esterne, che hanno trovato in un altro intreccio, formato dalle Brigate Rosse, Mafia, Camorra, banda della Magliana e servizi segreti, il braccio armato, che l’ha “ giustiziato.” Nel mio modesto intervento, però caldo e appassionato, ho detto del mio personale dolore. Un dolore che ancora mi assale. Un dolore che inconsciamente ha attraversato tutti gli italiani, cambiandoli dal di dentro. L’Italia di quei cinquantacinque giorni è cambiata. Nessuno è rimasto uguale al giorno prima. Grave è che siamo cambiati senza accorgercene. Siamo diventati diversi senza reale presa di coscienza di ciò che era avvenuto. Ci siamo addormentati bambini e ci siamo svegliati senza esser diventati adulti. Abbiamo perso la fanciullezza e l’incanto. Non abbiamo guadagnato in coraggio e maturità. Il maestro del pensiero politico è scomparso e con lui la Politica. La sua profezia sulla fine della Democrazia Cristiana e del sistema democratico fondato sui partiti democratici e popolari, si è presto pienamente compiuta. Il vuoto causato da quella grave perdita è stato riempito da ciò che è opposto alla politica. La personalizzazione della rappresentanza al posto del confronto. La vittoria alle elezioni del “prenditutto” invece che la dialettica maggioranza-opposizione, i capi fazioni in luogo delle istituzioni, l’uomo solo al comando piuttosto che la partecipazione. La decisione al posto della collaborazione. Il Governo e non il Parlamento. Le conseguente sono davanti agli occhi di tutti. Nel corso del mio intervento ho detto anche del danno che ha subito l’Italia sul terreno della Democrazia, da quel sedici marzo-nove Maggio millenovecentosettantotto progressivamente modificata, ridotta, terribilmente confinata al pericolo della sua estinzione. Ovvero, trasformata in qualcosa che non le somiglia. Almeno nella sua forma costituzionale di chiara ispirazione morotea.
Inoltre, mi sono complimentati con Pietro Falbo, promotore dell’incontro. Ho rivisto in questa serata non il presidente di CCA o l’esperto in economia del territorio, ma il giovane democristiano di quei tempi carichi di bellezza. Di coraggio. Di voglia di esserci. Con gli altri. Per cambiare il mondo. Avrei potuto continuare a parlare fino a notte inoltrata dell’uomo straordinario, che fu maestro anche mio. Avrei potuto aggiungere, pur con la mia scarsa capacità di memorizzazione, tante frasi testuali a quelle che teneramente Geno Grassi di Moro ha “recitato” in serata. Mi sono tutte rimaste impresse nella memoria. Le uso spontaneamente come vademecum del mio fare la Politica. Del mio essere democristiano fino a quando la mia forza fisica me lo consentirà. Di restare democratico senza alterarne l’essenza. Di vivere libero come la necessità del respiro. E di vivere la Politica, con spirito di gratuità, fino a quando il mio cuore non avrà cessato di battere. Nel chiudere questa mia serata (è già notte mentre ne scrivo), vorrei concludere con un pensiero aggiuntivo.
L’ho più volte rivolto ai ragazzi, che mi sono stati affidati con la cattedra, e alle mie figlie. Un pensiero che in questi tempi di brutta politica, in cui chi ha promesso il cambiamento si è fatto cambiare dalla voglia di potere, e di quelli in cui, sempre con più forza sulla stanchezza dei deboli, piccoli interessi di piccole parti manovrate da piccoli uomini, sono imposti sugli interessi generali e sul bene comune, si fa in me più netto. Un pensiero che si muove nel mio petto tra forza e tenerezza, e nella mia mente tra coerenza e fierezza. È questo: dopo una vita spesa per la Politica, io non sono riuscito a cambiare il mondo, vero, ma la realtà non è riuscita a cambiare me. Questa è una grande vittoria, lo dico a chi misura il valore delle persone dai successi conseguiti e i politi dai voti “ conquistati”. Una vittoria, sì, come quella del soldato che non è morto in guerra e a casa sua è ritornato. Incolume. E con un immutato desiderio della Pace.
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