di FRANCESCO IULIANO
“Ad arginare il problema della violenza di genere non bastano le leggi, perché le donne continuano a morire di femminicidio nonostante un importante patrimonio legislativo, a partire dal Codice rosso. La violenza di genere chiama in causa l’intera comunità e richiede una crescita culturale che presuppone una sempre maggiore consapevolezza del fenomeno e delle sue tendenze evolutive. Gli interventi sul tema della violenza domestica non possono certo limitarsi al solo aspetto repressivo, ma necessitano di un impegno culturale che riguarda sia il tema della denuncia, che quello della prevenzione, che quello della certezza della pena. La sicurezza delle donne va garantita con ogni mezzo soprattutto all'interno delle pareti domestiche, un ambito ancora considerato privato e inviolabile e dove è difficile intervenire perché diventa indispensabile la collaborazione di una vittima che è frenata dalla paura o dalla sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero tutelarla”.
Lo ha detto la sottosegretaria all’Interno, Wanda Ferro, partecipando all’incontro dal titolo ‘Geografie del coraggio’, allestito nella sala congressi del Musmi, il Museo militare del Parco della Biodiversità Mediterranea di Catanzaro. Un appuntamento al quale hanno partecipato la presidente di ‘Attivamente coinvolte aps, Stefania Figliuzzi e la coach e coordinatrice della Scuola di scultura Abana, Rosaria Lazzetta, organizzato per la presentazione del documentario dal titolo «Geografie del coraggio», un viaggio intercontinentale nella condizione femminile realizzato dall’artista e docente Rosaria Iazzetta per raccogliere le testimonianze di «artiste e attiviste, donne che hanno affermato un proprio “sogno” malgrado le correnti contrarie, sportive o giornaliste
Un racconto di 90 minuti sulle vite e le lotte di tante donne intervistate su un itinerario in moto, compiuto in solitaria, di 1500 chilometri, tra l'Italia ed il Giappone.
“Occorre combattere la mentalità discriminatoria - ha aggiunto Wanda Ferro - e contrastare quel retaggio culturale che continua a colpevolizzare le donne e investire per formare operatori dalle forze dell'ordine, avvocati, magistrati, medici, assistenti sociali, docenti, personale sanitario. Tenendo anche conto che la crisi economica rende ancora più vulnerabili le donne che non hanno indipendenza. L’impegno principale deve essere quello di non lasciare mai da sole le donne maltrattate, perché dall’isolamento spesso proviene nuova violenza, dando sostegno soprattutto ai figli minori, vittime della cosiddetta ‘violenza assistita’, e agevolando i percorsi di reinserimento sociale. Ma non basta, bisogna prendere in carico gli uomini maltrattanti se si vuole rendere efficace l’attività di prevenzione. La violenza sulle donne difficilmente si risolve con la semplice condanna degli autori, che dal carcere non escono migliori e spesso il tragico epilogo di un rapporto malato si consuma proprio al momento della riacquistata libertà”.
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