"Perché un ex cinema privato di quartiere, i cui ricordi appartengono solamente ai cittadini dai sessant’anni a salire, inutilizzato da decenni, è diventato così importante nel dibattito politico e poi pubblico degli ultimi anni?Perché in esso, nella sua storia, è contenuta tutta la disillusione di una comunità, che ha lasciato la sua capacità di sognarsi agli anni Sessanta, a tutto ciò che era prima della tromba d’aria, al bianco e nero e ad un luogo in cui, stipati gomito a gomito, si abbassavano le luci e partiva la pellicola che metteva queste persone in contatto col resto del mondo attraverso l’arte cinematografica. Si era certamente più semplici, più poveri, ma gli occhi di quelle foto appaiono ancora oggi carichi di speranza e fiducia. Oggi quel quartiere è il più grande e popoloso della città, conta centinaia di attività economiche, eppure nel suo disordinato e mal governato sviluppo, è come se avesse lasciato molto d’irrisolto dietro le spalle".
Lo riporta una nota del consigliere comunale Nunzio Belcaro
"Il porto mai terminato, l’eliminazione del passaggio a livello che mortifica la mobilità quotidiana, il miglioramento dei servizi comunali, il ripristino di un comando della polizia municipale, sono solo le principali voci di un lungo elenco di promesse disattese, di occasioni mancate.
Con l’attivazione del campus a Germaneto, nel 2006, gli studenti universitari fuorisede hanno privilegiato il quartiere marinaro per risiederci. Sono passati ormai diciassette anni, la loro è una presenza storicizzata in città, ed è surreale come le amministrazioni passate non siano state in grado di portare a termine nemmeno un’aula studio.
E cosa c’entra la memoria di un luogo dimenticato in tutto ciò? Fra quelle orrende lamiere che inibiscono il passaggio pedonale sul marciapiede è contenuta la nostra connessione con il passato e con la storia che ci ha portato dove siamo oggi. Le città sono luoghi di molteplici strati e dimensioni. Ogni strada, ogni palazzo, ogni parco racconta una storia. La memoria di una città è la somma delle storie di tutti questi luoghi, delle persone che li hanno costruiti e delle vite che hanno vissuto lì.
Conoscere la propria storia e la propria identità culturale può aiutare a guidare le scelte del presente e ad orientare la visione del futuro. Non nasce nulla di buono da politiche che si dimenticano dell’anima, occuparsene o meno segna la differenza del modo in cui si legge la realtà, la prospettiva dalla quale guardiamo le cose.
La storia quindi dell’abbandono, dell’irresoluzione della questione Orso, è simbolica di un’assenza di visione, di una mancanza d’ascolto di migliaia di cittadini che dalla politica non chiedono solo la cura dei propri interessi quotidiani ma ambiscono a una città organizzata, vogliono luoghi dove costruire consapevolezza della propria identità culturale, della propria storia e partecipare al fermento culturale del Paese".
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