di FRANCO CIMINO
Vergogna! Questa parola seguita da un punto esclamativo grande quanto l’Europa o il mar Mediterraneo, per caricarsi del peso morale che la muove, è sparita dal lessico popolare e dal vocabolario del sentire umano. Non la si pronuncia in questo tempo di miserie perché nessuno sente più vergogna per i drammi pesantissimi che si consumano vicino a noi, all’interno della società cosiddetta civile. C’è un motivo, anch’esso drammatico, che questa cancellazione potrebbe ben spiegare. È la paura che ha preso milioni di cittadini europei, italiani compresi, per la perdita della duplice sicurezza cui pigramente eravamo abituati, quella economica (tutti candidati alla ricchezza e nessun povero) e quella della vita lunga e sana per tutti.
La crisi economica e il Covid, che giocano insieme la partita per rendere stabile e visibile i due nemici più odiosi dell’essere umano, la povertà e la morte, hanno fatto centro. Obiettivo raggiunto secondo i desiderata del nuovo capitalismo globale, che, invisibili i diversi poteri che lo dominano, agisce come un vero potere antidemocratico con pericolose venature autoritarie. Il capitalismo è stupido e amorale, però. Nuovamente agisce senza logica e senza etica. Solo che questa volta non la farà franca. Non gli riuscirà di scamparla come in diverse epoche storiche è accaduto. La globalizzazione, che ha inventato per accrescere la sua forza, paradossalmente gli si scatenerà contro nella forma più violenta e insostenibile. Centinaia di milioni di esseri umani, in un tempo brevissimo per i cicli storici, romperanno confini, muri alti e fili spinati e barriere navali, abbatteranno con le loro braccia nude eserciti armati fino ai denti, e rovesceranno l’ordine mondiale fondato sull’ingiustizia e la sottrazione delle libertà. Non sarà un conflitto di marxiana definizione e neppure una ribellione cristiana capaci ambedue di costruire con l’ideologia o con l’amore una nuova società umana (bella o brutta la prima, possibile o impossibile la seconda).
Manca la Politica e mancano, di conseguenza, leader mondiali che un nuovo mondo possono disegnare e guidare. C’è, solitario e stanco, soltanto Francesco, il Pontefice della Chiesa di Roma, che troppo disarmato e isolato predica nel deserto senza avere la forza distruttiva e creatrice del Gesù cui ispira anche la sua robusta umanità. Non sarà nulla di tutto questo, quindi, ma la fame e la povertà globalizzate, di certo, rovineranno pesantemente sull’ordine mondiale e lo distruggeranno. Forze militari e dominio, anche tecnologico, della cultura e degli strumenti della formazione, non riusciranno a bloccare gli eserciti disarmati dei disperati e di coloro i quali nulla possiedono, neppure la dignità, se non la vita. La paura, che si è impossessata delle persone scatenando l’egoismo più brutale, spiega, è vero, la mancanza di vergogna ma non la giustifica. Non può giustificarla.
Come potrebbe davanti alla morte di quel bambino avvenuta lungo il glaciale confine tra Polonia e Bielorussia, alle porte di Minsk, la “moderna” capitale di quest’ultima? Aveva un anno. È morto assiderato, cioè di freddo. Ma anche di fame e di sete. Da sei settimane vagava per i boschi senza cibo e con i genitori gravemente feriti dai colpi inferti dai militari che sorvegliano i confini. Non solo territoriali, ma anche dei propri forni e delle proprie mense, delle proprie paure di essere “ derubati” del lavoro e del pane. Del benessere e della sicurezza. La stessa paura che la maggior parte dei paesi europei utilizza per difendere i propri analoghi interessi. La stessa paura che si vorrebbe alimentare in Italia, il Paese democratico per eccellenza perché retto da una Costituzione che ha nei valori umani più alti i suoi capisaldi. Valori non negoziabili se non si vuole deturpare il volto della Democrazia. Quella vera, che pone al centro del suo divenire la Vita e la Persona. Senza distinzione alcuna. Quella vita e quella persona che non contano niente nei conflitti che i potenti muovono contro i poveri e le vittime delle guerre vere e delle dittature sempre più feroci. In quella frontiera, autentico fronte bellico, sono già morti quindici persone. Anche di botte, non solo d’arma da fuoco. Nell’Europa che vuol essere democratica accade tutto questo.
Nell’Europa, culla di civiltà, neppure i trattati vengono rispettati. La Convenzione di Ginevra, che impone di accogliere chiunque chieda asilo, ignorata. La Carta fondamentale e i numerosi documenti dell’Onu sui diritti inalienabili dei profughi, specialmente di quelli che fuggono dalle guerre e dalle violenze contro la persona, carta straccia. Le organizzazioni umanitarie che lottano senza resa e senza limiti di risorse e di tempo, sono quasi impedite, di certo disturbate, anche nell’atto di portare assistenza alle migliaia di immigrati che soffrono le peggiori condizioni in attesa di una degna accoglienza nei diversi territori che appartengono alla Terra di tutti. La parola d’ordine per Stati nazionali resistenti al sentire umano è una sola: respingimenti. Lo sforzo più grande che sembra vogliano fare alcuni paesi europei, Germania in testa, è solo quello di rimetterli negli aerei per riportarli nei rispettivi paesi, indifferenti al fatto che li si restituisce tutti alla violenza. E alla guerra, di fame o di armi, da cui sono fuggiti e ai boia che li hanno torturati e usati rubando loro i pochi averi e il loro corpo. Oppure, gli stessi bambini, da vendere al prossimo bancone di carne umana prima del macello. Ma lasciamo da parte, questa sera, la politica, questa misera politica senza ideali e senza anima e le numerose tattiche che la piegano agli interessi di piccole parti, tra l’altro in contrasto tra loro, vedi Polonia e Bielorussia.
Torniamo al bambino morto quattro giorni fa. Diversamente da Alan, il bambino di tre anni, trovato cinque anni fa“ spiaggiato” come i balenotti sulla spiaggia di Bodrum, località turistica per ricchi, in Turchia, questi non ha un nome. E non una foto, ampiamente diffusa, del suo corpicino esanime che solleciti una qualche emozione collettiva come quella per Alan. Si sa soltanto che è siriano. Anche Alan lo era. Siriano, avrebbe dovuto essere una garanzia di protezione, come per gli afghani, ma non lo è stato. Tuttavia, non è la morte, questa tragica morte, che più scandalizza. Ciò che più scandalizza e tormenta è l’indifferenza con cui essa viene registrata. E non solo dalla gente.
Neppure i giornali, di carta e on line, e le televisioni, l’hanno trattata secondo le logiche dell’informazione. Quasi tutte le nostre prime pagine sono state occupate dalle liti tra Renzi e Conte, dalle rivendicazioni dei no-vax e dalle chiacchiere dei soliti politici sapientoni che discettono sull’utilità dei vaccini e dei green-pass, mentre i contagi aumentano, i morti giornalieri pure e gli ospedali si stanno riempiendo nuovamente. Siamo arrivati davvero a un bivio. Il più grammatico è pericoloso: di qua l’umanità, di là la barbarie. Bisogna fare in fretta a scegliere la prima strada o finiremo dall’essere inghiottiti dalla seconda, dalla quale non si potrà tornare indietro. Non si era detto che non ci sarebbe stata mai più una guerra mondiale, specialmente nell’Europa che ne ha conosciute due nel novecento? E questa cos’è, se non guerra vera, totale? Basta con le ipocrisie e le menzogne! Basta. Quando muoiono persone innocenti di stenti, di fame e di freddo, sotto la minaccia di uomini in divisa e armati, e con i cani “ militari che li ricorrono sfiniti per i boschi e le spiagge, mentre il mondo si gira dall’altra parte, la guerra è in atto. E a combatterla siamo tutti noi dall’interno delle nostre case.
La nostra indifferenza è l’arma più distruttiva. La nostra progressiva assuefazione al terrore è la nostra complicità verso gli odiatori, i prepotenti, i respingitori, i costruttori di crisi economiche e di povertà, i consumatori di bellezza e dell’ambiente, la vera ricchezza dell’umanità insieme alla Vita. Degli esseri viventi e della natura, che vive anche in quelle sue parti definite inorganiche. La vita di quel bambino morto nella trincea di una guerra che lui, crescendo, non avrebbe mai scelto di fare, pesa su tutti noi.
Quando una morte così crudele, la più ingiusta in assoluto, per coglierla nel punto più alto del suo dolore, mi portò alla mente una sola immagine. Quella della madre che, impotente e asciutta di lacrime e sangue, lo tiene tra le braccia. Al suo fianco, solo un padre disperato per la colpa che egli sente su di sé. Se questo è il mondo che vogliamo, proviamo per un miliardesimo di un attimo a immaginarci al loro posto.
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