Chiarire che il termine “titolare di pensione” è riferito unicamente ai titolari di pensione di anzianità o vecchiaia; la Cassa Forense, in virtù del potere di autonomia riconosciutole, nell'ambito della sua funzione assistenziale, provveda a corrispondere l'indennità a favore dei propri iscritti invalidi e infine che la pensione o assegno d’invalidità venga integrata, nel suo ammontare netto, fino al raggiungimento dell’importo di euro 600,00 per tutta la durata del “Fondo per il reddito di ultima istanza”.
Sono queste le richieste del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro, Consiglio Nazionale Forense, Organismo Congressuale Forense, Cassa Forense, Consigli degli Ordini.
Il documento contiene anche una serie di considerazioni e prese d'atto:
a mente dell’interpretazione letterale di tale previsione, e comunque della interpretazione data da Cassa Forense, sono da ritenersi esclusi dal beneficio, non solo coloro che fruiscono di una pensione di anzianità, ma anche coloro che percepiscono una pensione o assegno di invalidità;
ove fosse effettivamente quella appena dedotta l’interpretazione da dare al citato art. 3, si verrebbe a concretare un’evidente e iniqua discriminazione a danno dei professionisti titolari di pensione d’invalidità i quali si vedrebbero privati di una misura assistenziale pur accusando non sola la medesima condizione di difficoltà economica, ma anche l’ulteriore menomazione derivante dalla dedotta invalidità;
in ogni caso, i professionisti titolari di pensione d’invalidità svolgono la propria attività professionale pur se in misura ridotta a ragione della loro condizione di inabilità;
l’esclusione della detta misura ex art. 44, potrebbe in astratto avere un senso nella misura in cui il professionista non esercitasse di fatto alcuna attività lavorativa, con ciò deducendosi che nonostante la emergenza epidemiologica alcun pregiudizio ne sarebbe derivato sotto il profilo economico;
l’importo ricevuto dai colleghi a titolo di pensione di invalidità o assegno di invalidità, è, comunque, totalmente funzionale per accedere alle cure mediche necessarie ed è del tutto disancorato dall’esercizio dell’attività professionale, né può essere considerata una misura in surroga del reddito;
alla luce di quanto esposto, l’art. 3 in commento confligge in maniera macroscopica con principi cardini della nostra Costituzione, quali quelli di cui agli artt. 2, 3, 4, 35 e 38;
, in particolare, l’art. 38, co. 2, prevede che «…i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia invalidità e vecchiaia…» e ancora, al comma 4, specifica che «…Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato…»;
altresì, che ai sensi dell’art. 2, co. 1 lett. C) dello Statuto, Cassa Forense può perseguire scopi di previdenza e di assistenza complementare a favore degli iscritti, attraverso la costituzione di fondi speciali con bilanci separati ed alimentati dalla contribuzione di professionisti che volontariamente aderiscono alle forme di tutela complementare con la corresponsione di trattamenti integrativi, come previsto dall’art. 21 della legge n. 141 del 1992. (cfr. Determinazione Corte dei Conti 29/201, Sezione Controlli sugli Enti e Determinazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, pag. 2-3 che si allega);
denunciata disparità di trattamento - Cassa Forense potrebbe, nell’ambito della propria autonomia ed assolvendo in pieno alla propria funzione di assistenza ai propri iscritti, prevedere un contributo a favore dei professionisti oggi, inopinatamente e ingiustamente, penalizzati;
che agli Avvocati iscritti a Cassa Forense in età successiva ai 40 anni, seppur in regola nella posizione contributiva, è precluso l’accesso alla pensione di invalidità e gli stessi, pertanto, si vedono costretti a ricorrere all’INPS, pur rimanendo iscritti all’Albo professionale e obbligati al versamento dei contributi nei confronti della Cassa;
può richiedere all'INPS l’assegno ordinario di invalidità, l'iscritto alla Cassa che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 74% e il 99% e se non supera il reddito annuo di 4.906,72 euro;
invece, coloro che hanno una riduzione lavorativa del 100% hanno diritto dall'INPS alla pensione di inabilità, sempre pari a 285,66 Euro ma con un limite di reddito pari a 16.982,49 Euro;
sulla scorta di quanto suesposto, è evidente l’illogicità e l’ingiustizia dell’esclusione dal “bonus” di 600,00 Euro di Avvocati affetti da gravi patologie;
al contrario, che per tutti gli iscritti, i citati provvedimenti emergenziali hanno rimosso la condizione ostativa della regolarità contributiva;
alla luce delle previsioni normative in questione, ci si ritrova dinnanzi al paradossale epilogo che professionisti che dichiarano un reddito annuo fino a 50.000,00 Euro, pur se non in regola con i contributi, hanno diritto alla misura assistenziale e invece i professionisti invalidi, percettori di un’esigua pensione (fra i 280,00 e 450,00 euro circa) e con redditi annui decisamente ben al di sotto di quello massimo suindicato, proprio a causa delle loro condizioni di salute che consentono un esercizio ridotto della professione, ne sono esclusi".
Il documento viene trasmesso al Consiglio Nazionale Forense, all’Organismo Congressuale Forense, ai Consigli dell’Ordine, per ogni iniziativa a supporto.
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