Sei italiani su 10 promuovono il Servizio sanitario nazionale, ma per metterlo in sicurezza nella fase post-Covid occorre rilanciare i servizi sanitari. Emerge dallo studio 'Il sistema sanitario di fronte all'emergenza: risorse, opinioni e livelli essenziali' condotto dall'Inapp, l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche.
C'è però una differenza di gradimento su base locale: in Trentino Alto-Adige ed Emilia-Romagna la valutazione positiva è di più di 8 persone su 10. Fanalino di coda, invece, Calabria e Molise (apprezzano la sanità locale 3 cittadini su 10).
L'epidemia di Covid-19 ha fatto emergere le differenti capacità dei modelli regionali. Secondo l'Inapp è stato causato dal mancato inserimento negli anni del personale infermieristico e dal sottodimensionamento nell'offerta di posti letto, la cui diminuzione si è fatta notare a partire dal 2004. Si arriva, nel complesso, ad una riduzione netta del 20% di posti letto ordinari, in particolare al Centro (-30%) e Sud (-24%).
"La pandemia è scoppiata in modo violento ma la risposta degli operatori sanitari è stata pronta anche nella fase più acuta dell'emergenza - spiega il presidente dell'Inapp, Sebastiano Fadda - l'Italia ha dimostrato con il suo Ssn di non essere il malato d'Europa, ma ciò che adesso va fatto è indirizzare le risorse per la sanità pubblica". Tra il 2011 e il 2017 la quota di lavoratori negli enti sanitari locali con contratti di collaborazione o altre forme atipiche è cresciuta del 78% e il lavoro temporaneo del 23,7%. Inoltre, in generale, la riduzione di risorse umane ha riportato il numero complessivo di dipendenti del Ssn in servizio nel 2017 (658.700 persone) a un livello inferiore a quello del 1997 (675.800). Le riduzioni degli ultimi anni hanno riguardato soprattutto i medici (-6% tra il 2010 e il 2017) e il personale infermieristico (5,8 infermieri per 1.000 abitanti contro gli 8,5 della media dell'Unione europea). Tutto questo, prosegue l'Inapp, è accaduto mentre è aumentata la spesa diretta delle famiglie: nel 2017 le risorse pubbliche hanno coperto il 74% della spesa complessiva (152,8 miliardi), mentre la spesa diretta delle famiglie il restante 26% (circa 39 miliardi, di cui 35,9 direttamente pagati dalle famiglie e 3,7 attraverso assicurazioni private)".
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