di MARIO TASSONE
Il 16 luglio del 1966 venivo eletto dal Congresso dei giovani democristiani della provincia di Catanzaro delegato provinciale.
Dopo le numerose esperienze consumate nell’Associazionismo cattolico e gli iniziali coinvolgimenti nella D.C., quello fu l’incarico di rilievo che mi avrebbe dischiuso definitivamente la strada della politica.
Gli incontri nei comuni con tanti amici, non solo giovani erano momenti di vita: accostarsi ai problemi reali.
Con l racconti appassionati, le denuncie delle ingiustizie,degli squilibri sociali, ci si calava nella realtà.
Non approcci superficiali ma coinvolgimenti e diffuse disponibilità a battersi contro gli inganni di progressi disordinati.
Il Movimento Giovanile era una finestra aperta verso le nuove generazioni, sollecito a cogliere il nuovo e superare le ottuse resistenze interessate anche all’interno del Partito.
Non era dunque la cassa di risonanza dei dirigenti, ma uno strumento genuino dell’ascolto di una società inquieta.
La DC era Partito interclassista, dove espressioni di socialità diverse,che pur nella dialettica vivace, trovavano la ragione dello stare assieme: i riferimenti alla dottrina sociale della Chiesa,la cultura che poneva al centro l’Uomo. Giacimenti valoriali profondi,una fede vera,rappresentavano ,dunque, la sintesi in cui si convergeva in un percorso comune.
Gli interessi di parte,le convenienze estemporanee cedevano difronte ,la ragione e le idee forti.
In quella stagione tutti i Partiti avevano i loro movimenti giovanili organizzati.
Si guardava al futuro,alla partecipazione.
I grandi e piccoli Partiti a vocazione democratica sfidavano i tempi per rendere più stabile e più ampia la base democratica.
C’erano iniziative comuni ( quelle del 1968 ad esempio) fra organizzazioni giovanili.
Si socializzava e nascevano rapporti personali.
Tutto utile per accompagnare i processi di crescita.
Quante dispute con la FGCI. Nelle scuole i giovani della Federazione Giovanile Comunista portavano nella tasca l’Unita.’.
Ostentavano una presunta superiorità.
Non abbiamo avuto mai il complesso di inferiorità.
Almeno noi mai!
La nostra battaglia per la giustizia e la libertà era un’argine invalicabile.
Un giacimento morale ricco.
La storia ci ha dato ragione.
Ma l’argine è stato battuto dalle leggi elettorali liberticide e dal golpe di alcune procure ispirato da realtà politiche conosciute.
L’abbattimento dell’argine ha travolto la politica e la democrazia.
Non c’è tempo.
Bisogna riprendere il cammino interrotto quando c’erano idee,confronti,partecipazione. Bisogna stare insieme non per sentire la declamazioni dei capi ma come allora per vivere da protagonisti il nostro tempo.
Riusciremo ?
Forse si se tutti metteremo da parte le presunzioni,ricosceremo gli errori fatti e ci convinceremo che per costruire bisogna rimuovere le nobiltà posticce e non ipotizzarne altre!
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