Colpo alla Sicurtransport, l'attesa in aula bunker per la prima sentenza

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images Colpo alla Sicurtransport, l'attesa in aula bunker per la prima sentenza
rapina sicurtransport caraffa 2006
  31 luglio 2019 13:46

di STEFANIA PAPALEO

Poche ore e la giustizia metterà un primo punto alla vicenda giudizia che ruota intorno a quello che, tre anni fa, è stato definito il “colpo del secolo”. Nell'aula bunker di via Paglia sono tutti in attesa della sentenza che il gup, Claudio Paris, è chiamato ad emettere a carico dei 9 presunti rapinatori che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Nello specifico, si tratta di Carmine Fratepietro, Matteo Ladogana, Mario Mancino, Alessandro Morra, Giovanni Passalacqua, Leonardo Passalacqua, Pasquale Pazienza, Dante Mannolo e Annamaria Cerminara.

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Un “colpo perfetto”. Senza errori. Messo a segno da professionisti del crimine armati fino ai denti. E fruttato quasi 8 milioni di euro. È la sera del 4 dicembre 2016. È la sera del referendum. I seggi sono aperti e le forze dell’ordine dislocati in ogni angolo del territorio. Un boato irrompe nelle case della zona. Tutt’intorno il fumo di almeno dieci auto in fiamme lasciate a bloccare le strade di accesso alla zona industriale di San Floro. Siamo alle porte del capoluogo. La scena è di guerra. Solo sei precedenti in Italia. Nel mirino la sede centrale della Sicurtransport, società che si occupa di trasporto e custodia valori. L’assalto al caveau è appena iniziato. A tratti ripreso dalle telecamere di sicurezza, dura solo pochi minuti.

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Dieci, forse dodici. È il tempo previsto dal copione seguito dal commando composto da quasi 20 persone. Nel caveau ci sono almeno 50 milioni di euro. L’area circostante viene trasformata in un campo minato, con auto in fiamme e grossi chiodi ovunque, in vista dell’arrivo della polizia, ritardato anche dai cavi delle centraline telefoniche recisi e dalla manomissione di una centralina utilizzata per disturbare le comunicazioni radio. I due vigilantes di guardia al caveau fanno in tempo a chiamare il 113 dal bagno nel quale trovano rifugio, così salvandosi dalla furia dei rapinatori. Che avevano previsto tutto, anche i tempi di arrivo delle forze dell’ordine. La grossa ruspa dotata di un braccio di tre metri ed un martello pneumatico rubata in un vicino cantiere è pronta. La parete esterna del capannone della ditta viene buttata giù ed il caveau sventrato. Due malviventi si calano all’interno e, uno dopo l’altro, prelevano i sacchi di denaro fino allo scadere del tempo previsto.

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Non un minuto di più. Non un sacco di più. L'Alfa Romeo 147 e la Lancia Ypsilon, rinvenute in seguito in una vicina strada di campagna con all'interno secchi pieni di chiodi a tre punte, sono già in moto. Quindi, via, lungo il fiume Corace, per una fuga che li metterà al sicuro insieme al ricco bottino. Dietro di loro, l’eco delle sirene spiegate di polizia e carabinieri rimasti bloccati dalle auto in fiamme lasciate di traverso per bloccare le vie di accesso alla zona interessata.

Quando gli uomini della Squadra mobile di Catanzaro riescono a raggiungere il caveau trovano solo un proiettile di kalashnikov. Nient’altro. Armi da guerra, rapidità e precisione, dunque, le caratteristiche di un colpo destinato ad entrare negli annali della cronaca nera italiana e sul quale i segugi della Mobile non avevano nulla al caso, nelle indagini coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Domenico Assumma, al cui vaglio finirono subito i fascicoli relativi agli altri “colpi perfetti” messi a segno tra Sardegna, Puglia, Toscana e Piemonte, al fine di verificare le analogie che possano portarli sulle tracce della banda da record.

Il resto, nelle carte del giudice davanti al quale si sono succeduti nella difesa gli avvocati Aldo Casalinuovo, Elisabetta Gualtieri,  Domenico Pietragalla, Gregorio Viscomi, Giancarlo Pittelli,  Salvatore  Staiano,  Giovanni Merante, Giuseppe Fonte, Nicola Carratelli, Stefano Nimpo,   Alessandro Guerriero,  Antonietta Caputo e Nunzio Raimondi.

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