Riflessioni sulla Prima Repubblica, mercoledì Telemia ospita Craxi, Andreotti, Cuffaro e Speziali

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Vincenzo Speziali e la storia: finestra sul presente e il futuro

  25 ottobre 2021 23:27

Schegge del passato, le quali diventano un monito per l'attualità, affinché ci si ricordi di come le radici siano necessarie per un albero e quindi per il domani.

Sono stati proprio Stefano Andreotti e Vittorio Craxi (meglio noto come Bobo) nell'accettare la trasmissione di Telemia -canale 85, mercoledì 27 Ottobre, alle 21,30 -  a chiedere che ci fosse Vincenzo Speziali, l'amico personale e di famiglia, per rendere testimonianza storica e politica, sulle figure dei loro genitori e di un pezzo d'Italia che intende fare valere le sue ragioni, le quali crede giuste e molti tali le considerano.

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Già, Vincenzo Speziali, Segretario Nazionale dei Giovani DC , "l'ultimo - si schermisce lui - ma non per mia responsabilità", il coerente Forlanianprandiniano, pupillo dei suoi capicorrente (oltre che di molti Leaders DC ma non solo), poiché testimone della fine della Prima repubblica, timido compartecipe della seconda, attonito osservatore (del fallimento sostiene) della terza e uno dei costruttori della quarta.

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La risposta data al collega Giuseppe Mazzaferro, direttore di Telemia, che ha invitato pure noi de La Nuova Calabria a partecipare, è stata un refrain, da parte dei figli dei due Statisti, e cioè "veniamo per Vincenzo!" e lo hanno fatto con convinzione, con stima, con affetto, quasi come fosse e come realmente è, ovvero uno di loro, uno di casa, anzi, come ha di recente sostenuto Maria Fida Moro, figlia del grande Aldo Moro, l'unico a ricordarle il padre, a cui Speziali è notoriamente devoto.

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L'on. Bobo Craxi, per la verità, assieme alla sorella Stefania - attualmente senatore - ha con lui, tra le altre cose, la frequentazione istituzionale, in quanto essendo stato, tra l'altro, Sottosegretario di Stato al Ministero degli Esteri nel Prodi II, era con il "giovane" leone democristiano, in stretto contatto durante i bombardamenti istraeliani a Beirut nell'estate del 2006.

Vincenzo non volle lasciare il Libano, poiché da poco sposato con la nipote dei Presidenti Gemayel - la bellissima principessa Joumana El Rizk - e si era adeguato al modus comportamentale necessario, conseguente, pure opportuno, di fare parte di una famiglia presente nei libri di storia, non solo di quel Paese.

Rimase fermo nella decisione presa, forte proprio della sua formazione democristiana, assecondato e compreso dagli ex Presidenti del suo Partito (Andreotti, Cossiga, Colombo, Forlani e De Mita), con i quali era in contatto, pure in quei giorni, e i quali, a loro volta, erano amici dello zio vivente della moglie, ovvero Amin Gemayel, mentre l'altro, Bachir, perì in un attentato nel 1982, entrambi a capo del Libano, in momenti diversi ma conseguenziali.

Dimostrò coraggio e sangue freddo, tanto che la collega Joumana Haddad, scrivendo su Il Corriere della Sera una delle sue cronache di quell'ennesimo conflitto arabo-istraeliano, lo descrisse competente e amorevole verso la moglie, i figli e il nuovo nucleo familiare che lo aveva accolto e che imparò sin da subito ad apprezzarlo, ad ascoltarlo, oltre che a puntare su di lui.

"Il Libano è anche casa mia! Adesso e da qui non mi muovo, anzi intendo contribuire, con un piccolo gesto, alla resistenza, per tornare, il più velocemente possibile, alla normalità", ripeteva a piè sospinto a tutti i giornalisti italiani che ospitava a casa e che "sfamava" con la sua proverbiale buona arte culinaria, come ricordano i corrispondenti Rai, Giuseppe Buonavolonta` e Neliana Tersigni, tra gli ospiti maggiormente assidui del suo "salotto" beiruttino.

Oggi che Bambolotto (così lo chiamano i suoi amici di infanzia e certi che non si adonterà per averlo detto e per così chiamarlo, pure noi, affettuosamente) compie il gran rientro in politica, come dice lui "al servizio del mio Paese e delle sue Istituzioni", lo troviamo nel nuovo battesimo, con questi padrini di eccezione, i quali rappresentano anche i loro padri, assieme alla complice partecipazione di un altro amico di lunga data, dell'indomabile enfant prodige democristiano, Totò Cuffaro, fresco vincitore delle recenti elezioni amministrative siciliane.

E si, perché lui, Vincenzino, che ora si ritrova preoccupato per la sua Beirut (dove tornerà a breve, per qualche giorno) nel bel mezzo di nuovi venti di guerra, è instancabile nel tessere la tela italiana della ricomposizione dell'area moderata, cercando di aggiornarla alla realtà del momento, cioè l'incontro delle culture popolari, liberali e socialiste riformiste, con lo scudocrociato nel cuore. 

Certamente può farlo con più attendibilità di molti che ad esso si rifanno, ma che per esso non hanno sofferto o non si sono battuti, affrontando dolori e solitudine, soprattutto quest'ultima, al contrario suo.

Verrebbe da credere che alla fine abbia ragione proprio lui, nel ripetere, avendone la credibilità: "Meglio puntare su di noi, siamo l'usato sicuro!".

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