25 Aprile, Marcello Furriolo: "Questa giornata è tempo che si trasformi nella Festa della Libertà e non solo della Liberazione"

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Marcello Furriolo
  25 aprile 2023 11:43

di MARCELLO FURRIOLO 

"Il 25 aprile 1995 Umberto Eco tenne un discorso alla Columbia University di New York sul significato attuale della Festa della Liberazione dal Nazifascismo. Una lezione magistrale sul significato del termine fascismo e sulla sua utilizzazione, al di là della sua portata storica legata all’Italia e alla esperienza del Ventennio. Umberto Eco ricorda come la Liberazione fu “un’impresa comune per gente di diverso colore”. Ricorda i messaggi di incoraggiamento in codice di Radio Londra rivolti ai partigiani italiani “Il sole sorge ancora” “Le rose fioriranno” e ricorda i volti e il colore della pelle di tanti soldati americani che lottarono e persero la vita per liberare la nostra terra dal giogo nazifascista.

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Ma affronta la questione, con la consueta lucidità e razionalità,  su che cosa vuol dire oggi Fascismo. Un termine che qualifica “un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali”, che, purtroppo, hanno una connotazione eterna, da qui l’espressione coniata dallo stesso Eco di Ur-Fascismo o Fascismo Eterno. Che si connota con comportamenti che il grande semiologo identifica in almeno 15 categorie di pensiero, che parte da una totale mancanza di una filosofia al puro sincretismo di diverse culture, che vanno da De Maistre a Guenon e addirittura fino a Gramsci, passando attraverso la retorica del culto della tradizione, della forza, del nazionalismo xenofobo e del razzismo, del populismo qualitativo, per cui la volontà popolare si esprime attraverso l’opinione della parte scelta della popolazione. Il Fascismo italiano impersonato dal Duce non ebbe una sua ideologia di matrice culturale e lo stesso atteggiamento nei confronti della cultura fu schizofrenico, utilizzando e strumentalizzando gli intellettuali, anche non ortodossi al Fascismo, tra censure bieche e ottuse e prebende elargite dal cerchio magico dei salotti romani del regime. Basta rileggere alcune pagine straordinarie di “Quasi una vita” o “ L’Italia rinunzia ?  ” di Corrado Alvaro, che attraversò, con lucida attenzione e anche rinunzie e sofferenza, il ventennio raccontandone le oscure compromissioni, le oppressioni, le privazioni delle libertà primarie, le mostruose violenze nei confronti dei diversi per idee, sesso, razza e religione.

Oggi ricorrono 78 anni da quel 25 aprile 1945 che segnò, con la conquista di Milano e dei territori occupati dai nazisti da parte delle formazioni partigiane e di tutte le componenti politiche democratiche, la Liberazione finale del Paese dalla dittatura Fascista.

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A distanza di tanto tempo si è riaperta, in questi giorni, una querelle politica artificiosa e stantia, alimentata dalle dichiarazioni sprovvedute di esponenti, anche di alto livello, delle forze di Governo, che hanno regalato ad una sinistra priva di argomenti credibili per giustificare il ruolo di opposizione, un tema che sembrava ormai affidato ai libri di storia e cioè la inconciliabilità tra fascismo e antifascismo e la necessità, secondo la segretaria del PD, che la Premier Meloni dimostri concretamente da che parte sta. E‘ evidente che Elly Schlein non è fresca di letture, per esempio, di alcune Lettere Corsare di Pier Paolo Pasolini, che parlava di “Fascismo archeologico del Ventennio”, ma che ormai 50 anni fa teorizzò provocatoriamente come ci possa essere un rischio che l’Antifascismo strumentale e demagogico si trasformi esso stesso in Fascismo.

Ma è sicuramente vero che una destra moderna, che è stata liberamente scelta dal popolo italiano per guidare il Paese in una delle congiunture economiche e sociali più difficili dal dopoguerra ad oggi, non può giocare con le figurine, la simbologia e con alcune parole d’ordine del Ventennio, come neanche i nipotini di Almirante oserebbero fare. Giorgia Meloni non ha sicuramente bisogno neanche di un passepartout di democraticità rilasciato  da mediatori “ritrovati” e interessati come Gianfranco Fini o rifugiarsi dietro il frustro paravento della “Riconciliazione nazionale”.

Questo paese non deve realizzare la “riconciliazione”  (ontologicamente e storicamente assolutamente improponibile e forse inutile) tra fascisti e antifascisti, ma deve politicamente e socialmente “riconciliare” il Nord e il Sud del suo territorio, chi soffre le disuguaglianze economiche, di razza e di genere, per rendere il paese autenticamente unito, libero e democratico, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali di cittadinanza, tutelati da una giustizia giusta.

La destra di Governo, se vuole chiudere definitivamente la partita con tutte le ambiguità e le seduzioni nostalgiche, deve avviare su tutto il territorio nazionale e guardando lealmente all’Europa e all’occidente, una grande operazione culturale fondata sul valore della persona umana e sulla  esaltazione della Libertà, di tutte le Libertà.

Questa giornata allora è tempo che si trasformi nella Festa della Libertà e non solo della Liberazione.

Il 25 aprile 2009 ad Onna, frazione simbolo de L’Aquila, rasa al suolo dal flagello del terremoto, l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, pronunciò uno storico comizio in cui esaltava il valore della Libertà, riconquistata proprio dalla lotta unitaria del popolo italiano, senza distinzione di colori partitici, quale strumento indispensabile per ricostruire il Paese dalle sue fondamenta morali e spirituali. Ecco perchè non bisogna dimenticare". 

                                                                        

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