A Catanzaro la presentazione di “Impastato, mio fratello”: Giovanni Impastato racconta Peppino

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images A Catanzaro la presentazione di “Impastato, mio fratello”: Giovanni Impastato racconta Peppino
Da sinistra: Pino Commodari, Maria Rita Galati, Giovanni Impastato
  18 giugno 2025 16:42

di IACOPO PARISI

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La storia di Peppino Impastato, simbolo della lotta antimafia, continua a vivere e a rivelare nuove profondità attraverso lo sguardo del fratello Giovanni. Lo fa nel libro “Impastato, mio fratello. Tutta una vita con Peppino”, che è stato presentato in un incontro pubblico promosso da Casa del Popolo  presso la biblioteca "De Nobili" di Catanzaro. Più che una semplice presentazione editoriale, l’evento si è rivelato un intenso momento di memoria, confronto civile e trasmissione generazionale.

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L’incontro, moderato dalla giornalista Maria Rita Galati, ha intrecciato il racconto dell’autore con spunti politici e testimonianze appassionate. A introdurre l’iniziativa, Pino Commodari in rappresentanza di Potere al Popolo, che ha aperto il dialogo con un accorato richiamo alla situazione in Palestina e al dovere dell’impegno politico oggi. “Ricordare Peppino vuol dire anche schierarsi – ha detto – contro ogni forma di sopruso, come quello che il popolo palestinese subisce da più di 70 anni. Un libro come questo va diffuso soprattutto tra i giovani, perché racconta la storia vera di un rivoluzionario che ha avuto il coraggio di rompere con la mafia e con la sua stessa famiglia”.

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Maria Rita Galati ha poi ricordato uno dei primi incontri con Giovanni Impastato proprio a Catanzaro, quando insieme avevano visto I cento passi, il film di Marco Tullio Giordana: “Quel film ha portato Peppino al grande pubblico. Questo libro invece restituisce la dimensione più umana e profonda di quella storia, e ci ricorda l’impegno di Giovanni e di mamma Felicia per far emergere la verità e la memoria”.

Nel suo intervento, Giovanni Impastato ha spiegato le ragioni profonde che lo hanno portato a scrivere questo libro, uscito da alcuni anni ma ancora fortemente richiesto e letto, soprattutto nelle scuole. “L’obiettivo era raccontare la nostra storia fin dall’inizio, restituire episodi inediti, vissuti familiari, emozioni – ha detto – perché mancava un tassello nella memoria pubblica su Peppino: l’infanzia, la nostra quotidianità, la difficoltà di crescere in una famiglia mafiosa. Molti non conoscevano questi aspetti e io ho voluto condividerli”.

“Questo è un libro che non vuole smentire nessuno – ha chiarito – ma vuole aggiungere qualcosa. Sono stati scritti più di cento libri su Peppino, molti importanti, di analisi e di denuncia. Ma io sentivo il bisogno di restituire un’altra dimensione: quella affettiva, quella emotiva. E i giovani l’hanno capito subito. Spesso mi scrivono, mi raccontano le loro impressioni, e tante scuole hanno adottato il libro nei programmi. È una delle soddisfazioni più grandi”.

Impastato ha poi sottolineato come il racconto si carichi di un’urgenza ancora oggi attuale: “L’eredità di Peppino l’abbiamo raccolta noi, ma oggi la stanno portando avanti le nuove generazioni. Noi non abbiamo mai smesso di raccontare questa storia, giorno dopo giorno, e questo ci ha portati anche a ottenere risultati importanti, a costo però di enormi sacrifici”.

Nel corso del dialogo, ha ricordato anche il lungo e difficile percorso per arrivare alla verità sull’uccisione del fratello: “Per anni lo Stato ha sostenuto che si trattava di un suicidio, di un attentato terroristico. Ci sono voluti anni, lotte, processi, per riconoscere la verità: Peppino è stato assassinato dalla mafia. E ancora oggi, in questa verità ci camminiamo dentro”. Il libro, ha aggiunto, è anche un modo per “non perdere Peppino un’altra volta”: “Raccontare questa storia, portarla in giro, è il mio modo per continuare a camminare con lui. E sapere che tra i giovani la sua voce è ancora viva, che emoziona e ispira, è la prova che questa battaglia, anche se difficile, non è stata vana”.

 Una storia che – come ha ricordato lo stesso Giovanni – non si è fermata quel 9 maggio 1978, ma continua ogni giorno, in ogni atto di resistenza e di memoria.

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