di GRAZIA MONICA MARAZITI
“Sono l’Impero al limite estremo della decadenza che guarda passare i grandi barbari bianchi”.
Così, i versi di questo sonetto di Paul Verlaine, “Langueur”, sembrano descrivere mirabilmente lo sguardo passivo e indolente della cittadinanza catanzarese che assiste all’agonia e alla decadenza socio-politica di una città ormai svuotata e senz’anima, mentre i barbari bianchi compiono, indisturbati, il loro saccheggio.
Paul Verlaine, nel suo sonetto, si riferiva alla decadenza dell’Impero romano che assisteva indifferente all’invasione barbarica.
Il “languore” descritto da Paul Verlaine nel sonetto, rappresenta bene la sofferenza a cui ormai i catanzaresi non sanno più come reagire; ed essi, come il poeta decadente, ne sembrano quasi attratti.
Quella condizione di esseri indolenti e pigri, viene percepita come dolorosa ma inevitabile. Sarà per questo che la storia e la vita si svolgono altrove, fuori da questa “città maledetta” e decadente, lontano da qui, là dove mandiamo i nostri figli per non condannarli a questo tedio, sperando che almeno loro possano sfuggire al disfacimento morale e politico di una città indifferente, caduta nelle mani di barbari bianchi senza dignità e senza vergogna.
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