di CARLO MIGNOLLI
La magia di Catanzaro si trasforma in pellicola con il tanto atteso film "La terra senza", che segna il debutto da regista di Moni Ovadia. Dopo due anni di attesa, finalmente il capoluogo calabrese si prepara ad accogliere l'anteprima nazionale al Teatro Comunale, in programma per mercoledì 27 marzo alle ore 19.30.
La produzione, a cura di Rean Mazzone con la sua Ila Palma e in collaborazione con Rai Cinema, si avvale delle musiche di Mario Incudine. Dopo l'anteprima a Catanzaro, il film farà tappa al cinema Mexico di Milano l'8 aprile e al Quattro Fontane di Roma il 12 aprile.
Il film, tratto dall'omonima pièce teatrale di Anna Vinci, promette di portare sullo schermo i palazzi storici, i caratteristici vicoli e i luoghi simbolo di Catanzaro, immergendo gli spettatori in un viaggio emozionante attraverso la città. Il protagonista d'eccezione è l'attore catanzarese Carlo Greco, affiancato da Donatella Finocchiaro e Aurelio D'Amore, per un cast artistico di grande talento. Lo stesso Greco, attraverso una breve intervista, ha raccontato la sua esperienza sul set e l’emozione di ritornare nella “sua” Catanzaro:
Com’è stato lavorare a questo interessante progetto insieme al regista Moni Ovadia e gli attori Donatella Finocchiaro e Aurelio D’Amore?
«Avevo già lavorato con Moni in teatro. Abbiamo debuttato nel 2020 e da allora siamo andati avanti per quattro stagioni teatrali in tutta Italia, riscuotendo un successo strepitoso. Quando mi ha chiesto quali fossero i miei progetti per il futuro, gli ho proposto la trama di questo film, tratto da un’opera di Anna Vinci. Moni si è subito interessato alla storia e ha voluto contribuire alla stesura della sceneggiatura. Lavoro molto bene con lui perché non è un regista che impone le sue idee, propone un suo modo di vedere le cose e ascolta i nostri consigli».
Il film racconta la storia del ritorno a casa, in una terra difficile, del protagonista Ludovico. Cosa ti ha attratto di più nella storia del film e del tuo personaggio che in un certo senso rispecchia la tua vita?
«Non lo definirei un film autobiografico, l’interprete riesce sempre a scavare dentro di sé per raggiungere al meglio lo spirito e lo stato d’animo del personaggio. Certamente sono stato agevolato per il fatto che anche io sono andato via da una terra che, al quel tempo, non mi sembrava che potesse realizzare il mio sogno. Resta una differenza netta tra personaggio e interprete, pur avendo vissuto avventure e dolori simili a quelle di Ludovico. Come il protagonista, o per lavoro o per altro, anche io sono ritornato».
Qual è stata la parte più gratificante di lavorare sul set a Catanzaro, la tua città natale?
«La parte più gratificante è stata quella di rivedere i miei conterranei, persone che non vedevo da vent’anni. La loro accoglienza è sempre straordinaria. Questo mi ha aiutato nel lavoro e, quando la produzione mi ha proposto di girare il film a Catanzaro pensando che potesse essermi di aiuto non ho avuto dubbi nell’accettare: sapevo che avrei avuto un supporto materiale, fisico e psicologico».
Quali sono i consigli che daresti a dei giovani catanzaresi che hanno il sogno di diventare attori, proprio come hai fatto tu partendo da qui?
«A Catanzaro, ma in tutta la Calabria, ci sono tante valide scuole di teatro. L’ho potuto costatare dal vivo perché alcuni degli attori che hanno interpretato personaggi minori del film provengono proprio da queste e se la sono cavata benissimo sul set. Posso dire che oggi, più che mai, non è facile oggi riuscire a vivere di questo lavoro. È una strada abbastanza in salita e ci vuole tanta caparbietà, tanta voglia di fare. È necessario essere disposti a fare la valigia e partire per misurarsi con chi ha più esperienza, pur di realizzare i propri sogni».
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