Addio a Cantisani, l'omaggio di Cimino: "Buon viaggio per il Paradiso Antonio, grazie a te ce la faremo"

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images Addio a Cantisani, l'omaggio di Cimino: "Buon viaggio per il Paradiso Antonio, grazie a te ce la faremo"
Franco Cimino
  03 luglio 2021 11:05

di FRANCO CIMINO

Ieri ho parlato di te alla Città, oggi parlo a te. E lo faccio nell’intervallo della partita della Nazionale, che affronta, nei quarti del campionato europeo, il temibile Belgio. Vedo, come staranno facendo anche i tuoi nipoti se non ancora in viaggio di ritorno alle loro case lontane( Antonio e Annarita sono qui da sempre), la partita che avresti visto tu nel tuo piccolo appartamento al Seminario. Ti immagino davanti alla Tv, sulla poltrona amaranto nella quale sprofondavi facendoti ancora più piccolo, attorniato dai tuoi sacerdoti più vicini e da qualche studente del seminario, magari quegli stessi giovanissimi ai quali impartivi nel pomeriggio lezioni di latino e greco, in particolare a quel pacioccone alto dai colori rossastri che non ha smesso mai di piangere davanti al tuo corpo inerme.

Avresti commentato le azioni con quella bonomìa su cui si depositavano un tifo genuino e una competenza diciamo un po’ incerta, per nulla disturbate dal tuo amore sfegatato per la Fiorentina cui sei rimasto fedele dalla tua fanciullezza mai veramente finita. E come avresti potuto cambiarla, quella fede viola, se tu sei stato per vocazione l’uomo della fedeltà assoluta? Una sola squadra per sempre. Una sola fede religiosa, per sempre. Una sola Chiesa per sempre. E, nella Chiesa, una sola autorità, per sempre(la stessa Chiesa, il Papa, il Vescovo e su tutti Gesù che non consente alcuna idolatria o trasferimento di potere, neppure su di sé o per sé ). Una sola Città , eletta quale propria, la nostra, per sempre. Mi sembra di vederti intervallare il tuo disappunto per il rigore subito dagli azzurri con i complimenti per Lukaku e qualche incursione culturale sulla emigrazione degli italiani in Belgio, il loro sacrificio e, magari, una pennellata di poesia sociologica sulla tragedia nella miniera di Marcinelle.

Parlo a te, quindi, carissimo Padre e fratello e amico prezioso e bello. Amico mio e di questa Città che vedevi bella anche dentro le sue ferite ed umiliazioni. Vedevi ottimista anche nel dolore e nella sconfitta. Vincente anche nelle guerre degli altri. In cammino anche quando stava ferma. Chissà come il tuo cuore l’ha vista oggi mentre, dopo la festosa sosta nella Basilica della tua Immacolata, hai percorso in auto, nel tuo letto di legno, l’ultimo chilometro catanzarese! L’hai vista ancora vuota di idee e di persone, disorientata di Politica, offesa e stancata dalle guerre nelle istituzioni e contro la tua stessa Chiesa? Te ne sei doluto, sì? L’hai sentita ancora sorda alla sua stessa sofferenza e distratta nelle attenzioni dei suoi cittadini verso di lei e al bisogno che essa ha di tutti loro? Te ne sei preoccupato, sì? C’era pure silenzio oggi, nascosto tra rumori di auto e suoni di campane, l’hai sentito, sì? Era il dolore diffuso per la tua partenza improvvisa, come lo è quella di una persona che non ha età e mai, per la sua vitalità, ha potuto preparare al distacco. Noi non siamo preparati alla tua lontananza immodificabile, troppo presente sei stato tu nelle vite di tutti e in quella della nostra comunità. L’idea di perderti un giorno, non si è mai attenuata con il passare dei nostri anni, perché tu, padre vivendo da padre, ci hai lasciato la gioia quasi deresponsabilizzata di essere figli.

Ora che non ci sei il vuoto si apre davanti a noi e nella terra che calpestiamo. La domanda che molti si pongono, ed io per primo, è quella che ci occupa quando perdiamo un genitore o un amico, un fratello. Tu la conosci. Questa: “e adesso, chi ci parlerà di noi? Chi ci racconterà del passato che non abbiamo vissuto e ci preparerà al futuro che non immaginiamo? Chi ci racconterà di com’era un tempo e di santi e di eroi che non abbiamo conosciuto? Della grandezza antica da replicare con lo studio e la fatica? Chi ci dirà della santità che abbiamo visto crescere in te? Chi ci parlerà della speranza? Chi ci aiuterà a capire il mistero e a scoprire i misteri della vita?” Oggi ci sentiamo un po’ più soli, nonostante il buon pastore che da dieci anni guida la nostra comunità spirituale e la Chiesa e che ti è rimasto accanto fino alla fine con umiltà e gratitudine. Per questo, l’ultima vota che ho avuto la grazia di vederti, stringendoti la mano, ti ho sussurrato nel silenzio delle parole: resisti. Resisti ancora. Almeno un poco, perché glielo dico io, al Padre dei padri, e nel modo che Lui sa, che non può essere venuto il tuo tempo, che ci servi ancora qui. E tanto.

Ci servi per la tua profonda umanità e sapienza, per la tua vivida intelligenza e robusta cultura, dalla quale emani quei tuoi studi su particolari aspetti della storia e della vita degli uomini e delle comunità assai necessari per uscire dall’ignoranza e dal disamore per i luoghi e per il passato che dall’ignoranza discendono. Non te ne puoi andare perché ti stiamo preparando una grande festa a sorpresa per il tuo ultimo libro. Non te ne puoi andare perché ci devi dire tante cose ancora, tante altre ce ne devi insegnare e tanti tuoi saggi consigli ci devi dare, insieme a quei tuoi sguardi sul mondo che tante volte sono state profezie. Non te ne devi andare, soprattutto, perché non ti abbiamo detto grazie ancora per tutto quello che hai fatto per noi. Per la Chiesa, per la Calabria e per la sua gente che ancora, nonostante le tue continue sollecitazioni, non è diventata popolo, in armi dell’amore, per la sua liberazione dalle ingiustizie e dagli inganni, dalle sofferenze e dalle pigrizie, anche proprie. Non te ne puoi andare, quindi, perché ti dobbiamo dire tante cose, tante parole, dobbiamo darti tanti abbracci. Tutti quelli che non ti abbiamo detto e donato ancora. Tutti questi ci servono, servono a noi perché si accompagnino alle parole e agli abbracci che ci hai dato tu. Non te ne andare, altrimenti noi non sapremo cosa fare.” Questo ti ho detto e tu l’hai sentito. Ma il tuo patto con Dio, il tuo bisogno di incontrare Gesù, il tuo desiderio di andare è stato più forte della tua “ necessità” di restare. E allora vai, Antonio, il vescovo che è rimasto prete, e non stancarti di mandarci segni della tua santità e del tuo amore protettivo. Noi manterremo la promessa su quelle tue ultime parole:” mi raccomando, non smettete mai di lottare per la verità, la giustizia, il bene.”
Franco Cimino

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