di MARCELLO FURRIOLO
In queste ore di profonda tristezza per la notizia della scomparsa di Ciriaco De Mita si susseguono i commenti e le opinioni dei media su un grande protagonista della scena politica nazionale della seconda metà del secolo scorso. Il titolo che, mi sembra, meglio cogliere la personalità del più volte Segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio è quello di Repubblica on line, che definisce De Mita “ l’ultimo intellettuale della politica, che non c’è più”. Mentre non condivido affatto quelli che lo identificano come il simbolo del politico della Prima Repubblica.
Ritengo infatti che il grande Uomo politico, morto da Sindaco della sua Nusco, abbia incarnato ai massimi livelli e con la massima lucidità e coerenza l’idea di Politica, come l’avevano elaborata i grandi filosofi dell’ottocento e come l’avevano declinata Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, attraverso la loro straordinaria creatura, la Democrazia Cristiana. De Mita, infatti, è il teorico di un’idea di politica, che non può essere delimitata entro i confini angusti e contraddittori della Prima Repubblica, di cui fu certamente uno dei protagonisti più vivaci e prestigiosi.
Uno dei pilastri del suo agire politico trovava il centro motore nel valore imprescindibile del Pensiero, che doveva essere alla base di qualsiasi azione dell’uomo politico. Anche nella ricerca e gestione del Potere, che senza un’idea che lo motivasse era puro esercizio di tutela di interessi particolari e non già perseguimento del bene comune, nell’esaltazione della democrazia e della libertà. Era il teorico del rispetto della ”complessità” del Pensiero e delle vicende umane. Amava ripetere che “Chi vuole far apparire semplice una cosa complessa, non l’ha capita”. Che sembra fotografare, senza filtri, l’attuale situazione politica, in cui prevale la superficialità e la semplificazione di tutte le problematiche economiche e sociali, che poi sfociano nelle varie forme di populismo e di sovranismo. Di grande attualità ritornano alcune risposte date da De Mita, in un brillantissimo confronto televisivo con Matteo Renzi, in cui, tra l’altro, affermava che “ Quando la politica è mestiere deve essere breve, quando è Pensiero può essere a vita”. E poi, a proposito del PD, progetto mai pienamente condiviso dal grande amico di Riccardo Misasi e che avrebbe dovuto suggellare l’incontro tra la cultura democratico cristiana e quella post comunista, De Mita sosteneva con convinzione e motivazione che “Due culture non si sommano, ma devono essere sempre dialettiche”. E il percorso che ha caratterizzato il PD fino all’attuale gestione dell’ex democristiano Enrico Letta sembra dare pienamente ragione a Ciriaco De Mita.
Ho avuto il privilegio della comune militanza democristiana e dei proficui rapporti sia istituzionali che politici. Ricordo memorabili serate nel salotto di Carmelo Pujia o con Agazio Loiero e gli instancabili e stringenti “ ragionamenti “ di politica, perchè la ragione deve essere sempre la chiave per decodificare anche i più complessi processi politici. E ricordo gli ultimi appuntamenti estivi con Mario Caligiuri a Soveria Mannelli, dove ritornava volentieri e dove ogni nostro incontro, dopo le sue lucidissime “ lezioni di politica”, si concludeva con un affettuoso e consolatorio: “Non perdiamoci. Vediamo se è possibile provare a ridare voce alla Democrazia Cristiana. Quantomeno al Pensiero di Sturzo e De Gasperi”.
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