di MARCELLO FURRIOLO
Quando muore un Magistrato il pensiero vola subito verso il professionista, l’uomo di Legge, il garante di Giustizia. Poi il pensiero deferente e commosso va all’Uomo.
Emilio Ledonne è stato un Magistrato. Un grande Magistrato.
Il Paese, a cavallo dei due secoli, vive con disagio una grande questione sociale e politica che riguarda proprio l’amministrazione della Giustizia e i rapporti della Magistratura con la Politica. Una questione che chiama direttamente in causa i diritti fondamentali dei cittadini e le basi su cui si regge il nostro stato democratico, nato dalla lotta al Fascismo e sublimato dalla Carta Costituzionale.
In questo contesto la figura del Magistrato, nella percezione comune, si identifica per lo più nelle grandi personalità dei servitori dello Stato che hanno dato la vita nella lotta alle grandi emergenze criminali, mafia e terrorismo. Eroi popolari con il volto ormai iconico dei Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ma tutto questo rischia di offuscare e non rendere merito al lavoro della stragrande maggioranza di Magistrati, che quotidianamente garantiscono, con impegno e onore, la tutela dei diritti e l’osservanza della Legge, in nome del Popolo Italiano. Emilio Le Donne era uno di questi.
Apparteneva ad una grande storia della Magistratura catanzarese, che dal dopoguerra ad oggi ha fatto “ giganteggiare la Calabria giudiziaria in tutto il Paese” come ricorda lucidamente l’amico avvocato Nunzio Raimondi: Scuteri, Antonini, Trovato, Leo, Belmonte, Lombardi, Blasco, Vecchio e appunto Ledonne.
E proprio a figure come Mariano Lombardi, Vittorio Antonini, Pietro Scuteri ed Emilio Ledonne sono legate pagine decisive della storia non solo giudiziaria del nostro Paese, come il Processo Valpreda, in cui a Catanzaro, grazie alla Magistratura calabrese, si riuscì a squarciare il muro dei grandi segreti di Stato, cambiare la storia italiana e aprire la strada della verità e della giustizia nella lotta senza quartiere al terrorismo.
Emilio Ledonne ha svolto la sua funzione ai più alti livelli di una luminosa carriera, con la grande coerenza dell’uomo probo, coniugando rigore professionale e visione colta e mai pregiudiziale delle vicende umane, che dovevano trovare luce e verità nelle garanzie del Processo. Mai cedendo alla fascinazione del protagonismo e della spettacolarizzazione di un ruolo, che andava onorato come un dovere di servizio, giammai come una missione etica o politica.
Emilio Ledonne lascia indelebile una lezione di umiltà, di grande professionalità e di rigore morale, che si è fortemente radicata nella sua splendida famiglia ed è di esempio in quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e apprezzarne le grandi doti umane e professionali che si inscrivono nel solco della migliore tradizione della Magistratura e dell’Avvocatura catanzarese.
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