di AGAZIO LOIERO
Quest’anno ci tocca vivere un Natale immerso in due guerre atroci. La mia generazione, le guerre, le ha vissute, nel tempo dell’infanzia, attraverso il racconto dei genitori o dei nonni. Quelle combattute nel mondo in anni successivi, in genere non si vedevano e comunque appartenevano a mondi così lontani da mitigare lo smarrimento che sempre un conflitto provoca. Queste due guerre invece ci toccano da vicino. Lo stupore per un evento inaspettato, come talvolta accade, ha amplificato l’inquietudine procurata dalle immagini che ogni giorno da circa due anni puntualmente irrompono nelle nostre case. I palazzi sventrati, i corpi per terra, spesso visibilmente putrefatti, i bimbi feriti, tutto stride con l’atmosfera del Natale che ci portiamo dentro dal passato. Una vera profanazione della memoria. Quelle terribili sequenze televisive ci suggeriscono infatti che la festa di quest’anno, malgrado lo scenario del tempo che si ripete, fatto di auguri e regali, non è che una favola perduta. Ma c’è di più. Le due guerre concorrono a creare un clima psicologico di pessimismo destinato specie nel Sud, e in modo particolare in Calabria, a ingigantire anche i problemi che giornalmente ci assillano. La povertà che aumenta di mese in mese e che le statistiche ci dimostrano, con la glaciale l’indifferenza dei numeri, in quale misura colpiscano i ragazzi fino ai 24 anni d’età, rappresenta un messaggio che si fa fatica a sentire. Gli ingegneri neolaureati che fino a qualche tempo fa, appena sfornati dall’università, apparivano letteralmente contesi sul mercato nazionale, prendono con un sentimento di rabbia silenziosa, la via dell’estero. I nostri paesi si spopolano, molti giovani vivacchiano sul lettino di casa. Le competenze digitali, che rappresentano ormai la base della convivenza, difettano. la nostra regione in questo settore del futuro si classifica – afferma l’Istat – ultima in Italia: 200 mila famiglie calabresi non hanno accesso a Internet. Ritornano le gabbie salariali perché la vita costerebbe di meno dalle nostre parti. Non si considera – faccio un solo esempio tra i tanti che potrei fare - che se per esempio ci si ammala in Calabria, molto spesso ci s’indebita e si corre fuori regione a curarsi. Uno degli effetti perversi di un interminabile commissariamento della sanità. Mi fermo qui. Di fronte a questo florilegio di lamenti, la politica, carica di bugie e di esibizionismo, ci propone il suo racconto sui social e ci ripropone ancora una volta il Ponte sullo Stretto. Nel frattempo va pericolosamente in onda l’autonomia differenziata. I sindaci calabresi, di recente insieme ad Antonio Decaro, presidente dell’Anci, sono stati, sul tema, protagonisti, in un convegno a Catanzaro, di un’allarmata presa di coscienza. Hanno legittimamente inteso replicare un’analoga, partecipata manifestazione tenuta mesi fa al “T Hotel” di Lametia Terme.
Infine, ritornando alle due guerre, voglio ricordare che la reazione su Gaza da parte di Israele, che ha subìto lo scorso sette ottobre un terrorismo crudele, si macchia di crimini altrettanto crudeli. Spara nel mucchio uccidendo un numero insopportabilmente alto di bambini.
Il caso, che ha spesso paradossali risvolti contraddittori, vuole che questa carneficina avvenga in un territorio e in un tempo in cui si celebra un evento sacro per milioni di persone del pianeta. In questo lembo di terra infatti, com’è noto, oltre duemila anni fa, è nato, nel silenzio del mondo, come afferma il Libro della Sapienza, Gesù Cristo. Una figura storicamente - quindi anche per chi non crede - portatrice di pace e di fratellanza.
Chiudo con un mio recente ricordo. Domenica scorsa in una trasmissione pomeridiana della Rai, una telecamera ha girato alcune immagini su Betlemme. Una città che solitamente in questo periodo dell’anno è invasa da migliaia di persone, emotivamente coinvolte da un mistero che si rinnova, che si addensano intorno al simbolo della Natività. Quest’anno, intorno a quel simbolo, forse per la prima volta nel corso della storia, non c’era nessuno. Proprio nessuno. La guerra non procura solo morte e dolore ma riesce a desertificare anche i luoghi dell’anima
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