Ha avuto inizio nell’aula bunker di Lamezia Terme, dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo, la requisitoria della Dda di Catanzaro nel maxiprocesso Rinascita Scott che vede imputate 343 persone accusate di far parte o di aver avuto contatti con la ‘ndrangheta vibonese. Presenti in aula il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ed i pm Antonio De Bernardo e Annamaria Frustaci.
Un maxiprocesso storico per numero di imputati e capi d’accusa, dall’associazione mafiosa al narcotraffico, dalle estorsioni all’usura, dalle armi all’intestazione fittizia di beni.
La requisitoria si è aperta con l’inquadramento della struttura di ‘ndrangheta del Vibonese nel più ampio contesto criminale calabrese che vede il suo epicentro, da sempre, nel rinominato “Crimine di Polsi” con base a San Luca. Quindi la creazione di un “Crimine” anche nel Vibonese alla cui guida si sarebbe posto dopo la scarcerazione (avvenuta nel 2012 dopo 19 anni di ininterrotta detenzione) il boss Luigi Mancuso di Limbadi, la cui posizione è stata però stralciata dal maxiprocesso per confluire nel processo Petrolmafie.
Si è poi passati alla struttura del “direttorio” della ‘ndrangheta vibonese, con gli stessi Mancuso, il boss di Zungri Giuseppe Accorinti, il boss di Filadelfia Rocco Anello e i boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale e Rosario Fiarè.
Fondamentali per la ricostruzione di diversi avvenimenti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e fra i principali sono stati citati in aula i vibonesi Andrea Mantella, Bartolomeo Arena e Raffaele Moscato, oltre al rosarnese Cosimo Virgiglio che ha delineato gli intrecci fra ‘ndrangheta e massoneria deviata. In aula, ad ascoltare l’inizio della requisitoria erano presenti anche i vertici dell’Arma (Ros e carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia) che hanno lavorato sul “campo” per la riuscita della storica operazione.
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