di VINCENZO SPEZIALI
Mi vergogno dirlo, mi vergogno profondamente, epperò pochi sono a conoscenza di uno dei paradossi 'italici', quasi al pari di farse che si innestano nelle tragedie. Ciò detto, mi avventuro nei meandri di tal dolore, cioè dell'ennesima 'mortificazione' data al Presidente Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro), chiedendogli scusa, a nome di una 'democristianità' da me mai tradita, ma da altri si, son sapendo io, per quali motivi lo hanno fatto e non voglio indagare, almeno per il momento.
Lui però sa, ovvero conosce il mio slancio appassionato e disinteressato, perché da lassù, mi guida per mano, nel mio cammino in terra e nella politica: sono e sarò sempre, dalla parte giusta, cioè dalla sua!
Ordunque a noi, ovvero a ciò che mi preme manifestare: il 9 Maggio di ogni anno che Dio manda in Terra, si celebra la giornata in memoria delle vittime del terrorismo, eppure, stranamente, al pari dei paradossi di cui prima o al netto dell'eterogenesi dei fini (concetto filosofico di Wundt), la vittima -ma le vittime, innanzi all'Onnipotente sono a lui tutte care e tutte eguali!- dicevo la vittima deceduta in quell'infausto giorno, cioè proprio il Presidente e per di più a cagione di un terrorismo paraideologico, sovversivo e fanatico, come tale, cioè in quanto vittima, non era stato riconosciuto.
Roba da pazzi, da miscredenti, anzi mistificatori, poiché parliamo di laicità (e laicismo), 'in terris'.
Verrebbe da chiedersi: per caso, Moro (già Moro, sempre Moro, solo Moro) è per caso morto, nell'A.D. 1978, per broncopolmonite? Oppure, vi fu, quella mattina, un anticipo di quarantadue anni, della pandemia covid, affrontata nel 2020?
Oggi, si sana una siffatta distopia oltraggiosa, anche se con ritardo immane, inconcepibile, quasi incredibile, di cui l'Italia è maestra o protagonista.
Oppure, anche, passiva parte lesa, poiché i suoi cittadini -che costituiscono, pure e soprattutto, la coscienza critica di un'intera nazione- si possono appropriare, di un pezzetto di verità, commisto a dignità.
E già, è così, inesorabilmente, al pari degli strani scherzi di "un destino cinico e baro" (per dirla alla Saragat, come lui lo fece, ma per altro, nel 1968), quasi in contemporanea all'insolenza impudica ed oltraggiosa dei francesi, che persistono nel diniegare l'estradizione dei terroristi sinistrorsi (tra cui, Marina Petrella, 'coartefice', del dramma del Presidente) e ci si avvia ad accogliere l'istanza della figlia maggiore, Sen. Maria Fida Moro -doverosamente sostenuta, in ottemperanza ai crismi di legge e ai sentimenti di sincero ossequio, verso di lei e il di lei figlio, ma soprattutto verso il suo grandissimo ed impareggiabile genitore (l'unico e il migliore, rispetto a tutti, non solo tra i democristiani)- in cui si chiedeva che il Presidente, per l'appunto, venisse riconosciuto dalla Camera dei Deputati (proprio lui, che ne era autorevole membro), vittima del terrorismo.
Si badi bene, dopo quarantacinque anni, da quel tragico 9 Maggio 1978, quando il giorno divenne notte -differente da quella che illustra Bellocchio- e la prima Repubblica celebro` i suoi funerali -assiene a quelli del Presidente che ne era l'architrave politico- inginocchiandosi innanzi alla sua bara assente, ma in presenza di un vuoto incolmabile.
Poca parte ho avuto io, nel portare il mio Partito a compiere il 'passo dovuto', ma non potevo non farlo, perché sincera, tanta, grande, immensa, sconfinata, eterna, per di più notoria, è la mia devozione verso Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro!), perciò non ci si poteva girare dall'altra parte, almeno per quanto riguarda e concerne il sottoscritto, perché, con coerenza e convinzione, sarò sempre dalla parte giusta. Dalla parte di Moro.
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