di MASSIMILIANO LEPERA
Lo straordinario connubio tra la magia della poesia e l’incanto dei paesaggi, della natura, del mondo che ci circonda, osservato nelle sue più impercettibili sfumature, come soltanto l’anima profonda e sensibile di un poeta riesce a fare, funge da traino per l’incessante e lodevole attività di Franco Arminio, poeta, scrittore e regista di grande successo nazionale, ma anche “paesologo”. Attività, quest’ultima, che lo porta a scrivere da anni sui giornali e in Rete in difesa dei piccoli paesi. Lui stesso è nativo di Bisaccia, in Irpinia d’Oriente, dove vive attualmente. Referente tecnico del Progetto Pilota della Montagna Materana nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne, ideatore e promotore della Casa della Paesologia, prima a Trevico e attualmente a Bisaccia, e del Festival “La luna e i calanchi” ad Aliano, Arminio ha all’attivo una trentina di pubblicazioni, sia in prosa che in poesia, tra cui “Vento forte tra Lacedonia e Candela”, “Terracarne”, “Cartoline dai morti” e “Geografia commossa dell’Italia interna”. Inoltre, non per ultima, è da ricordare la sua spassionata e unica rappresentazione della Calabria, descritta così durante un suo viaggio in treno da Palmi a Paola, chiara dimostrazione di come il poeta esalti la nuova geografia della bellezza attraverso la poesia dei piccoli luoghi, in linea con le sue idee: «Amo l’Italia armena, l’Italia antica, amo la Calabria, il paesaggio non confezionato, la faccia di chi cammina nel secolo sbagliato. Amo la Calabria a Palmi un po’ algerina, finlandese sulla Sila. Amo il mare che si getta nel treno, i pesci sull’asfalto, le case parcheggiate anche negli occhi dei gabbiani. Non conosco una terra più sensuale, un disordine più esemplare, una grazia più oltraggiata. Questa non è una regione, è un altare». Abbiamo parlato direttamente con lui, con una amabile e proficua chiacchierata, di questa straordinaria attività, che spazia mirabilmente nei più svariati campi, ricevendo ulteriori interessanti suggestioni, che riportiamo qui di seguito.
La vasta e variegata produzione di Arminio, come risulta anche da una delle sue ultime opere, “Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra”, pone sempre una grandissima attenzione, oltre che all’insostituibile presenza dell’amore, al paesaggio e ai paesi che racconta da tempo, anche nei suoi libri in prosa. Quest’ultimo libro, tuttavia, non è propriamente un libro di poesie, bensì di storie – parla anche del terremoto di Messina e Reggio Calabria, di Roghudi, dell’amore per l’Aspromonte – concentrandosi soprattutto sui luoghi più impervi, più lontani dalla circolazione turistica tradizionale, in una sorta di nuova mappa della bellezza.
Di conseguenza, è molto importante il legame tra l’uomo e le proprie origini, le proprie radici, per riscoprire se stesso e la sua identità ancor prima di conoscere tutto il resto. Arminio è molto attento ai luoghi, e ritiene naturalmente che i ragazzi stessi andrebbero educati a capire che cosa c’è intorno, già dalle scuole elementari, ponendo grande attenzione alla geografia, di cui il poeta di Bisaccia parla spesso. “Ciascuno di noi diventa quello che è perché viene “lavorato dal luogo”, come un ciottolo viene lavorato dal mare, e pertanto i luoghi sono molto più importanti di ciò che a volte si pensa”, afferma infatti.
Come da lui più volte sottolineato, inoltre, l’amore per la Calabria, la nostra regione, non è soltanto banalmente l’amore per la bellezza paesaggistica, del mare, ma è l’amore per una terra molto complessa, in cui Arminio trova un’intensità e una densità emotiva: il poeta confessa di emozionarsi molto in Calabria, mentre magari in altri luoghi si annoia. Per lui la Calabria è anche una terra del futuro.
La sua incessante attività di attento paesologo è naturalmente connessa con quella di giornalista e poeta, ma è anche corredata da numerosi e notevoli documentari e testimonianze fotografiche. Oggigiorno, infatti, è molto utile intrecciare, come Arminio fa magistralmente, arti e attitudini affini, affinché possa essere ulteriormente rafforzato il messaggio che si vuole trasmettere. È molto utile mettere insieme vari approcci. “Molto spesso oggi la poesia è fuori dalla poesia, come il cinema è un po’ fuori dal cinema e il teatro è fuori dal teatro. Bisogna un po’ sporgersi sul confine delle proprie discipline”, afferma ancora Arminio, il quale pratica almeno quattro piani: la scrittura poetica, la scrittura saggistica e di reportage dei luoghi, in prosa, le fotografie e anche i video. A tal proposito, ha anticipato che a ottobre dovrà girare un film, di cui è protagonista, che ha come tema la morte. Inoltre, dopo questo libro, di cui si è parlato prima, è prevista per gennaio la pubblicazione di una raccolta di poesie con Einaudi; poi c’è anche il lavoro per una raccolta di fotografie. Insomma, un connubio di varie arti e attitudini che dimostrano questa interconnessione proficua.
La Poesia resta sempre e in ogni caso il centro propulsore da cui si irradiano le sue opere, i suoi versi e la sua attività. Pur nell’accuratezza formale e stilistica dei suoi versi, la poesia di Arminio mira a essere semplice e diretta, per poter giungere a tutti e veicolare messaggi e temi di pregnante quotidianità e attualità. In un mondo in divenire, nel quale la Rete è divenuta imprescindibile, è anche importante, cosa su cui lui stesso ha riflettuto, che la poesia si avvicini alla Rete e giunga in tal modo più facilmente ai giovani, nativi digitali. Soprattutto in questo delicato periodo di pandemia, la poesia, la letteratura, la cultura in generale, hanno sofferto il clima di straniamento e occlusione esistenziale, come molti altri settori, anzi a volte anche di più. Eppure, talvolta, hanno rappresentato per alcuni un’ancora di salvezza, con la remota speranza di risollevarsi.
Non per ultima, la sua attitudine, anzi missione, di paesologo l’ha portato a ideare e dirigere il Festival della paesologia “La luna e i calanchi” ad Aliano, ma anche a fondare l’innovativa e originale “Casa della paesologia”: grandi stimoli, anche per i più giovani, per comprendere l’importanza dei luoghi e l’interconnessione tra essi e la letteratura, la poesia, la storia.
“La paesologia”, chiarisce infatti Arminio, “è esattamente il contrario della paesanologia; rappresenta dunque una forma di attenzione per i piccoli paesi, per i luoghi a cui spesso non dà attenzione neppure chi vi abita. Mentre il paesanologo si occupa solo del suo paese, del passato del suo paese, il paesologo è maggiormente proiettato verso il futuro, vuole capire che cosa può succedere ai paesi. Basti pensare, per esempio, allo scandaloso stato di abbandono in cui versano molti paesi, con scarso successo per quanto riguarda i servizi o le opportunità di lavoro per i giovani, giungendo addirittura al fatto che nemmeno le case a un euro vengano vendute. È la palese dimostrazione dell’assenza di attrattività che c’è nei piccoli paesi, oltre al fatto che è completamente sbagliato svendere il proprio patrimonio, perché ha un’importanza storica straordinaria: anche una qualsiasi casa di un qualsiasi paese è frutto di sacrifici enormi ed è dunque sacra”.
Insomma, tutto ciò che è emerso da questo proficuo dialogo dimostra ulteriormente quanto sia fondamentale, oggi, la presenza di anime così profonde come quella di Franco Arminio, capaci di fungere da imprescindibili modelli di vita per tutti, coniugando una grande competenza e professionalità a un’essenza sensibile e poetica che permette di riscoprire se stessi partendo dalle proprie origini, dai propri luoghi.
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