di PAOLO CRISTOFARO
E' stato per anni corrispondente all'estero per il quotidiano La Repubblica. Enrico Franceschini, bolognese d'origine, ha raccontato il suo giallo "Bassa marea" (Rizzoli) nei locali della libreria Ubik di Catanzaro.
Nel corso di questa settimana di appuntamenti letterari nella saletta del punto vendita, Nunzio Belcaro ha accompagnato i presenti nell'ennesimo viaggio su carta, alla scoperta dei racconti, delle emozioni, delle esperienze che l'autore - da giornalista in giro per il mondo - ha sintetizzato in un lavoro che non è solo un romanzo, un giallo, una storia, ma è un po' una riflessione sul senso della vita.
Insieme a Belcaro, alla Ubik, Franceschini ha dialogato con Federica Falbo.
La relatrice ha stuzzicato l'autore esordendo con alcune domande relative all'aspetto autobiografico di "Bassa marea". Nel giallo, un giornalista in pensione, emiliano come l'autore, scopre una donna in fin di vita sulla riva del mare, mentre corre in spiaggia. Da lì inizia un'indagine che, per certi versi, toccherà anche la Calabria, con alcune pagine ambientata a Catanzaro Lido, dove due ufficiali dei carabinieri - uno in servizio in Emilia, l'altro in Calabria - si confrontano sulle indagine, ma anche e forse soprattutto su due realtà diverse, sue due modi di vivere diversi, su due terre diverse, su due sfide diverse.
"Il libro ha senz'altro anche una valenza autobiografica", ha esordito il giornalista. "Ma così come mette in luce le analogie tra il protagonista e me, mette in risalto anche le differenze; un po' come quelle tra i due carabinieri che nel racconto vivono vite diverse, per certi versi divergenti", ha spiegato. "La vita, in fondo, è fatta di contraddizioni, ma il bello è saperle accettare e conviverci. Tante volte avrei voluto fare scelte diverse, tante volte sento che mi manca qualcosa, spesso sento nostalgia di casa. Poi però ritorno e al tempo stesso mi mancano i viaggi, mi manca il giornalismo, in giro per il mondo, mi manca il caos persino. Viviamo anche di contrari, questa è la verità. La vita è lotta continua con le nostre indecisioni".
Nel libro trova ampio spazio anche un altro tema caro a Franceschini: l'amicizia. "Nel mio libro, che un po' racconta pure il mio rapporto con gli amici, con quelli della terra dove sono nato, con quelli dei quali spesso sentivo nostalgia viaggiando per il mondo, si parla anche di un mio carissimo amico ora scomparso. Mi manca tanto. Quelli che sanno della nostra amicizia lunga, già da tempo mi suggerivano di scriverci un libro, di raccontarla. Mi chiedevo che senso avesse e a cosa servisse, ma ora l'ho scritto e ho capito che serviva soprattutto a me, per tenerlo in vita parlandone. E' l'unico amico a cui faccio riferimento nel libro col suo vero nome. Si dice che in realtà non si muore mai finché rimaniamo nel ricordo di chi ci vuole bene", ha concluso.
Franceschini ha sottolineato pure il suo amore e il suo fascino per la Calabria. "Avevo vinto un premio letterario anni e anni fa, a Reggio Calabria. Avrei avuto una prima possibilità di visitare la regione - che non avevo ancora visto - ma ero a lavoro all'estero, stava crollando il sistema sovietico nell'est ed ero lì. Al tempo Scalfari dirigeva La Repubblica. Dovetti rimandare la mia visita in Calabria. Quando finalmente ho avuto occasione di vedere questa terra, mi sono innamorato. Viaggiando sulla costa e guardando le luci delle case sulle colline ricorda davvero una piccola California. Credo che i calabresi possano fare tanto", ha detto.
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