La compagnia reggina porterà al Teatro Comunale di Catanzaro la produzione originale 'f-Aìda eppur cantava ancora', venerdì 26 novembre
22 novembre 2021 13:34di CLAUDIA FISCILETTI
Massimo Barilla dirige la compagnia teatrale reggina Mana Chuma al fianco di Salvatore Arena e venerdì 26 novembre porteranno a Catanzaro la prima nazionale della loro produzione originale 'f-Aìda eppur cantava ancora'. Inserito all'interno del cartellone della stagione teatrale di AMA Calabria, ideata e diretta da Francescantonio Pollice, lo spettacolo è il primo nella rassegna di quest'anno che vede sul palco del Teatro Comunale di Catanzaro una delle tre compagnie teatrali calabresi che si succederanno sino al mese di aprile. Nell'intervista rilasciata a La Nuova Calabria, Barilla narra la sua collaborazione ventennale con Salvatore Arena, anche lui direttore della compagnia teatrale, e spiega che alle origini di 'f-Aìda' si cela una sfida: "L'idea sta in una sfida. Ci siamo chiesti: E' possibile scrivere una tragedia greca in chiave contemporanea? Non so se ci siamo riusciti, questo lo dirà il pubblico". Difatti lo spettacolo vede in scena Rocco-Aìda che, sempre nelle parole di Barilla, "è una sorta di metamorfosi che viene raccontata nell'ultima ora di vita del personaggio". Elemento che caratterizza l'intero spettacolo è l'urgenza di raccontare: "Il personaggio ha urgenza di raccontare al padre, non in vita, tutto quello che in vita non si è potuto dire".
Anteprima nazionale di 'f-Aìda eppur cantava ancora' a Catanzaro, poi porterete lo spettacolo anche in altre città italiane?
"Assolutamente si, è anche uno spettacolo abbastanza atteso. Ci lavoriamo da due anni ed è stato finalista del Premio Cappelletti, che nell'ambito del teatro contemporneo è molto ambito. Avendo la compagnia vinto il Premio nazionale della Critica nel 2019, subito prima del blocco delle attività teatrali con il lockdown, questa è la prima grossa produzione che vede la luce dopo quel momento. Uno spettacolo molto atteso anche per questo motivo".
Non solo Italia, ma avete portato anche i vostri spettacoli in Europa, da Parigi a Bruxelles.
"Si, noi partiamo dal 'teatro di narrazione' che per noi è, appunto, solo un punto di partenza. Come per 'f-Aìda' il teatro che prevede un solo attore in scena non è un semplice racconto ma è un teatro complesso con un attore che si relazione con una scena importante e con un meccanismo che include sia la drammaturgia delle luci e del suono, è un impianto comunque complesso. Veniamo dal teatro di narrazione però abbiamo sviluppato questa nostra forma che ci ha fatti conoscere anche all'estero. Siamo stati, per esempio, più volte in Francia e siamo considerati tra le cinque o sei raltà italiane di questo settore più conosciute dai francesi".
Seconod lei, qual è la situazione del teatro in Calabria?
"Devo dire che c'è un grande fermento di teatro contemporaneo in Calabria e questa dimensione, che da una quindicina d'anni a questa parte, è sempre cresciuta anche grazie anche ad alcune importanti iniziative come il Festival di Castrovillari o altre situazioni che si sono realizzate nei vari territori. Ciò dipende anche dal fatto che, con l'ultima tornata annuale dei fondi Fus (Fondo unico per lo Spettacolo ndr) molte compagnie calabresi sono state riconosciute. La Calabria presentava questo dato assurdo di avere meno del 4% dei fondi Fus che arrivavano e, ovviamente, rispetto al dato nazionale era pochissimo. Per fortuna i numeri sono aumentati e questo è il segno di un cambiamento, di un fermento che finalmente trova sbocco anche a livello nazionale. Si tratta di un discorso in cui non è solo la singola compagnia che riesce, ma c'è un sistema teatrale che si compone di tanti elementi che consentono a questo sistema di crescere e radicarsi. Adesso siamo in una situazione un pochino più positiva".
Salvatore Arena sarà l'attore in scena con 'f-Aìda eppur cantava ancora'. Lavorate insieme da moltissimi anni, com'è nata questa collaborazione?
"Tra noi c'è una collaborazione ventennale, 20 anni proprio quest'anno. Ci siamo ritrovati in un primo lavoro quasi per caso, era una delle prime grosse produzioni di Mana Chuma, ci conoscevamo un po' di vista ma non avevamo mai lavorato insieme. Da questo primo lavoro collettivo è scattata una consonanza di visione, di linguaggio, e anche progettuale. Da questo primo lavoro che definiamo in un certo senso 'teatro di narrazione' abbiamo cominciato a sperimentare. Entrambi siamo drammaturghi e, da lì, abbiamo capito che ci interessava integrare le nostre scritture. Si tratta di un'operazione molto delicata e complicata, ci vuole un grandissimo ascolto, una grandissima disponibilità al reciproco sacrificio delle proprie idee. Ci confrontiamo e quello che viene fuori è un risultato migliore per entrambi, per noi è una grande opportunità poter lavorare a quattro mani".
Con i vostri spettacoli mettete sempre in evidenza la mediterraneità del territorio in particolare calabrese che, però, grazie a questo tipo di teatro, viene apprezzato anche al di fuori.
"Questa è una chiave di lettura molto importante. Partiamo dal nostro immaginario ed è fondamentale il nostro background culturale, il nostro vissuto e il rapporto col territorio. Cerchiamo di trarre il massimo dell'ispirazione anche dal materiale umano che c'è dietro la scrittura. E' anche vero che più siamo ancorati a un'identità più questo stesso modo di rappresentare la realtà diventa universale. In realtà è proprio questo che riesce a parlare un po' a tutti, perché ciascuno si può riconoscere in quello che noi facciamo, al di là del proprio specifico terreno culturale. Questo non è un limite ma una grande forza".
Dopo l'anteprima avete in progetto altre tappe?
"Ci sono una serie di interlocuzioni con vari teatri italiani, su Roma, Palermo, Catania, Milano, che però interessano la prossima stagione teatrale".
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