AMA Calabria, Alessio Boni: “Conosco da anni la Calabria, l’ho visitata tanto: mi piace l’accoglienza"

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Alessio Boni
  14 settembre 2023 11:36

di CARLO MIGNOLLI 

“L’uomo che oscurò il Re Sole. Vita di Moliére”: questo il titolo dello spettacolo che andrà in scena domenica 17 settembre presso la splendida cornice del Teatro Grandinetti di Lamezia Terme ed organizzato da AMA Calabria nell’ambito del progetto “Calabria Straordinaria” promosso dall’Assessorato Regionale al Turismo. Moliére sarà interpretato dall’attore Alessio Boni, accompagnato dalla musica dal vivo di Alessandro Quarta. Proprio Alessio Boni, attore e anche regista dello spettacolo, si è raccontato ai nostri microfoni attraverso una breve intervista.

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Sarà a Lamezia il 17 settembre per mettere in scena lo spettacolo “L’uomo che oscurò il Re Sole. Vita di Moliére” che la vede nella doppia veste di attore e regista. Ci racconti un po’ la trama e la sua esperienza nel prepararla.

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“Per celebrare il 350º anniversario della morte di Moliére io e Francesco Niccolini, il mio drammaturgo che ha scritto il testo e che mi segue ormai da dieci anni, abbiamo iniziato ad interessarci a questa figura. Io sono molto legato a Moliére così come anche Francesco e dunque volevamo, dopo il lockdown, elogiare un modo di teatro. Egli andava in giro guidando il carro, metteva le parrucche, creava i costumi, era un drammaturgo, ma anche primo attore e regista: Moliére era ed è tutto. Ma perché è interessante la sua vita? Perché ci piacciono moltissimo le persone che partono dal basso per poi arrivare alla sublime poesia. Un esempio è quello di Maradona, che parte dalle favelas e arriva ad essere il miglior giocatore di tutti i tempi. Jean-Baptiste Poquelin nasce nel 1622, figlio di un tappezziere, gracile e balbuziente. Si innamora prima del teatro e poi di un’attrice e si appassiona alla tragedia, ambisce a diventare una sorta di Sofocle. Per otto anni avrà degli insuccessi spaventosi, riceverà bordate di fischi e mele marce in faccia fino a quando arriva l’Italia. Il napoletano Tiberio Fiorilli, un grandissimo capocomico della commedia dell’arte, molto amato in Francia e che aveva creato la maschera “Scaramouche” (Scaramuccia), incontra Moliére e se ne innamora. Gli insegnerà a non balbettare e lo convince a lasciar perdere la tragedia per dedicarsi alla comicità poiché intravede in lui una vena comica molto interessante. Da lì in poi, grazie alla creazione della maschera “Sganarelle”, egli diventerà famoso per la sua comicità in tutta la Francia e poi nel mondo. La sua storia insegna che, nonostante le tante difficoltà della vita, se hai un sogno e vuoi perseguirlo riuscirai a raggiungere qualcosa, e questo è un messaggio bellissimo”.

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Com’è stato lavorare insieme ad Alessandro Quarta, anche lui presente a Lamezia, che ha curato la parte musicale?

“È una persona fantastica. Ci siamo conosciute durante il lockdown in uno spettacolo di beneficenza per far riprendere il teatro dopo lo stop ed ho capito da subito con chi stavo per avere a che fare. La cosa straordinaria è che noi improvvisiamo sempre in scena perché lui ha le musiche create da se stesso in testa, quindi segue il mio copione in base al mio stato d’animo, non in base alle note musicali che deve leggere. È meraviglioso improvvisare perché lui riesce a darmi la nota molto più leggera in alcune situazioni ed io lo seguo: si può dire che “jazziamo” a vicenda. Posso quindi dire che lui non è un semplice accompagnatore di scena, ma diventa un personaggio e questo è stupendo perché avere qualcuno che ti segue in quel modo, non semplicemente suonando la sua musica, è un vero spettacolo”.

Era mai stato in Calabria? Se si cosa ne pensa della nostra regione e come risponde la stessa ai suoi spettacoli?

“Conosco benissimo da anni la Calabria, l’ho visitata tanto, mi piace l’accoglienza, ma soprattutto quei luoghi sulla costa lasciati un po’ “abbandonati”. La gente del posto magari si lamenta perché bisognerebbe fare di più, ma quel non fare di più a me personalmente, forse sarò egoista, piace molto. Trovare luoghi nella natura ancora incontaminati, in cui nella società di oggi di incontaminato c’è ben poco, è raro e allo stesso tempo meraviglioso. Invidio molto della vostra regione il cibo, ma anche luoghi meravigliosi come la Sila. Voglio ricordare anche i tanti amici che ho in Calabria, i quali mi accolgono sempre come un fratello, per ricordare ancora una volta la più alta civiltà di un popolo, che è l’accoglienza, molto difficile da trovare in altre regioni. Quindi quando mi capita di tornare in Calabria per i miei spettacoli ci torno molto volentieri, perché sono accolto veramente come in famiglia”.

Quali sono i consigli che lei darebbe a dei giovani che si affacciano al mondo del cinema?
“Io consiglio sempre di fare una scuola, di prendere seriamente la cosa non sperando solo che vada bene. Bisogna crederci sempre ed avere il coraggio di elargire la completa nudità dei sentimenti umani, che poi è l’arte del recitare. È importante anche rubare dai grandi, leggere, acculturarsi perché questo è tutto quello che esce fuori dallo sguardo e crea il famoso “bucare lo schermo”. Se hai uno sguardo vuoto e che non conosce nulla rimane sempre dietro la ripresa e non arriva alle persone che ti guardano. Bisogna fare tesoro di tutto e di tutti, anche camminando per strada puoi imparare qualcosa, osservando le persone che incontri, sul personaggio che devi interpretare. Un grandissimo che si chiamava Eduardo De Filippo diceva “Io mi siedo su uno scalino in un vicolo di Napoli e quello e teatro” quindi ruba da queste scene e scrive”.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Subito dopo Lamezia, il 18 settembre, sarò a Mantova a girare due puntate per Rai1 su Giacomo Leopardi, una fiction con la regia di Sergio Rubini ed io farò la parte del conte Monaldo Leopardi, che è il padre di Giacomo. Dai primi di novembre inizierò, insieme al mio gruppo, le prove teatrali e debutteremo il 12 dicembre al Teatro Doninzetti di Bergamo con “Iliade. Il gioco degli dei”.

 

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