
di EUGENIO PERRONE
In momenti come questi, segnati da un fatto grave e doloroso che ha inevitabilmente scosso la nostra comunità professionale, credo sia doveroso tenere insieme due esigenze solo apparentemente in tensione: la fermezza e la lucidità.
La fermezza è nei fatti: l’autodenuncia, la trasparenza del comunicato, la rimessione degli atti agli organi competenti. È il segno che le istituzioni dell’Ordine, pur ferite, stanno reagendo secondo le regole, senza scorciatoie né silenzi. Questo è ciò che tutela davvero la dignità dell’Avvocatura.
La lucidità, invece, impone di non lasciare che la comprensibile delusione o l’emotività del momento diventino terreno fertile per semplificazioni o nostalgie salvifiche. Nei passaggi di fragilità collettiva è umano cercare risposte forti e rassicuranti; ma la storia – non solo forense – insegna che le soluzioni personalistiche, presentate come “energie risolutive”, raramente coincidono con l’interesse comune.
Il momento parossistico che da ieri ha travolto la classe forense catanzarese richiede responsabilità condivisa, equilibrio istituzionale e rispetto delle regole.
La vera compattezza non nasce dall’acclamazione, ma dalla fiducia nei processi, anche quando sono faticosi e dolorosi. Restare uniti oggi significa soprattutto questo: non smarrire il senso critico, non cedere alla tentazione di affidare a qualcuno ciò che deve restare patrimonio di tutti, e continuare a credere che la credibilità dell’Ordine si ricostruisca con serietà e responsabilità nel tempo, attraverso processi condivisi e verificabili, non mediante scorciatoie emotive o personalizzazioni del potere.
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