"Analisi del voto due", Cimino: "Il mio amore per quella storia umana che si è fatta sindaco e quella fascia tricolore che domani gli cingerà il petto"

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Franco Cimino
  29 giugno 2022 17:48

di FRANCO CIMINO


“Se perdi sempre le tue elezioni personali, dovendoti ormai essere stancato, cosa vuoi fare nella tua prossima giovinezza, ché dell’età il tempo buono non tiene conto?” È la domanda che mi son fatto intuendo che a volermela fare sono taluni miei amici, magari quelli che non mi hanno mai votato, per motivi strettamente a loro intimi e facili da immaginare. Ecco, una bella domanda! Un po’ impertinente, forse pure cattiva, se vogliamo. Ma, una bella domanda. E, però, una risposta ce l’ho. E bell’e pronta da parecchio tempo. Nella mia terza giovinezza, se i conti non mi ingannano, io vorrò fare ciò che istintualmente ho sempre fatto, l’indovino. E, perché no? pure il portafortuna. Indovino, perché in politica non ho mai sbagliato una previsione. Dico mai! Portafortuna, perché qualsiasi causa o persona io abbia sostenuto è risultata sempre vincente. Provare per credere. Domandare per sapere. Fare ricerche per verificare. Partiamo dall’ultima “ indovinataportatofortuna”.

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Sin dall’inizio di questa campagna elettorale, dal secondo minuto della definitiva ufficializzazione della sua candidatura, ho, pubblicamente detto, e scritto, che Nicola Fiorita avrebbe vinto le elezioni. Una intuizione che ha trovato conforto nella ragione, quando e stata costruita attorno al prof Donato, la più potente corazzata “ militare” che la storia politica ricordi. E non solo in Calabria. Gli operatori dell’informazione e i pochi o i tanti che mi hanno seguito, ascoltandomi in rete o leggendomi, potranno ricordare le nutrite argomentazioni o i ragionamenti “ demitiani” che ho portato a sostegno. Del portafortuna posso soltanto dire. Sì, posso anche affermare, perché anche questo si è visto, che intuizione e fortuna, per quanto vadano a braccetto, non camminano su nuvole bianche danzanti. Ci vuole molta forza fisica a sostegno e grande volontà di perseguire il fine, che è anche sogno.

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Mi sono impegnato molto per la battaglia di Fiorita, che era anche la mia. Nelle idealità, nelle idee, nei programmi, nella tensione morale e negli obiettivi primari del cambiamento quasi rivoluzionario, nella passione accesa, nelle modalità espressive dell’agone, nel coraggio dell’agire, nella limpidezza della coerenza politica, nella tecnica “ guerriera, nel linguaggio e nel modo di avanzare della parola, nel significato del civismo politico in essa contenuto, quella battaglia era anche la mia. E l’ho sposata per intero, senza furbizie e calcoli personali. Senza risparmio di energie, neppure fisiche. E, impiegando tutto ciò che della mia vita politica mi appartiene. Storia, cultura, battaglie antiche, coerenza ideale e politica, stigma di appartenenza. Insomma, anche la “tessera e il distintivo”.

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Tutto ho prestato a questa battaglia. Il mio nome e il mio cognome, rafforzato e onorato su quelle battaglie e su quella storia. Il mio volto, con i miei occhi e la mia bocca, dei sorrisi, della parola e del pianto. Nulla ho risparmiato di me. Per questi motivi, io sono tra le persone più felici per l’elezione di colui il quale definivo “ il sindaco nuovo che la Città da tempo attende”. Ed è per un motivo aggiuntivo, privato e politico, diretto e delegato, che domattina assisterò profondamente commosso alla cerimonia di insediamento di Nicola Fiorita. So di portare a lui, da una storia e da un passato che è vivo, anche in quel luogo solenne, quel sentimento della politica, che non è vuoto romanticismo, ma pezzo d’anima della Politica. Un sentimento che potrà servire a quel ragazzo che si è fatto sindaco per restare l’uomo libero e bello, intelligente e fine, educato e colto, coraggioso e coerente, che la Città ha conosciuto.

Quella che l’ha votato e la più parte, la refrattaria e silenziosa, che, apparentemente da lontano ma non distaccata, a lui guarda per recuperare il rapporto di fiducia con la Politica e le istituzioni. E per poter tornare pienamente nella piena cittadinanza. Quella finora umiliata e offesa da un potere cinico e distante. Che voleva Catanzaro fosse sempre più brutta per rassomigliargli.

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