Vincenzo Speziali, in anticipo di un giorno, ricordo l'assassinio del generale Dalla Chiesa con toccante commozione
02 settembre 2022 09:26di VINCENZO SPEZIALI
Ed eccoci arrivati all'ennesimo anniversario, dove però, non cala un sipario bensì scende una nebbia fitta fitta e gli anni che passano -inesorabili- non leniscono il dolore di chi rimane e di chi lo ha amato, stimato e ammirato, anzi men che mai si dimentica la figura dell'eroe italiano per antonomasia, cioè l'unico e solo: Sua Eccellenza il Prefetto e Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Più di Giulio Cesare, questo 'gigante morale' dalla tempra emiliano piemontese -e dire che chi pensava di schernirlo, a Palermo, nell'ultimo scorcio di vita (ovviamente senza riuscirci!), lo apostrofava, proprio 'piemontese', quasi a marcare il suo non essere siciliano, ovvero mosso da (false) manie conquistative - e anche in modo maggiore di Giuseppe Garibaldi (altro generale), l'eroe di cui parlo e di cui celebriamo il (triste, sanguinoso, eppur dignitoso) quarantesimo die funeris recordationem, è stato colui che ha portato le vestigia dello Stato, con credibile autorevolezza, più di qualsiasi altro uomo impegnato a rappresentare ordine e legalità.
Già, il Generale, ovvero un mito in vita, il quale diviene leggenda e certezza in morte, ma in ogni caso, punto di riferimento morale, civile, identitario e altro ancora, poiché di più, sempre di più, punto di riferimento per ognuno, cioè per coloro i quali perseguono e lottano a favore del riscatto e dei poteri delle istituzioni (patti chiari: gli unici legittimi, riconosciuti e non derogabili e mai derogati).
Infine il ricordo, quello struggente che si ha per un padre, un nonno, un uomo immenso, confermato dal fatto certo (che io so essere vero!) di come allorquando entrava in una sala, la riempiva lui -benchè potesse esser già affollata- con la sua presenza, composta da fisicità e storia, cioè la sua personale.
E poi -già, poi- l'ultimo abbraccio in vita di una figlia devota, che lo accompagna giù, oltre uno stradone quasi tortuoso ed in prossimità di una galleria appena fuori la città in cui vive, oppure la sterile polemica che fece alla medesima figlia, un signore (per me un figuro), il quale a domanda pubblica e lecita (circa una certa chiave e una specifica cassaforte) rispose in modo sconcertante di non volersi egli stesso giocare la carriera (sarà stata, quella del figuro, una degna carriera?).
Lo immaginerebbe mai qualcuno il Generale, rispondere così, a chicchessia?
Mai, mai, perché l'eroe è eroe non solo per coraggio, bensì per onestà e dignità e il Generale -il nostro Generale - di coraggio, onestà e dignità, ne aveva eccome, fino a quasi raggiungere le vette dell'infinito.
Caro Generale (e pure nonno, di un altrettanto caro amico di infanzia), rimanga sempre nella nostra coscienza -tanto non la dimentichiamo e a lei ci inchiniamo- perché proprio grazie a lei (e a chi cercò di salvare da solo, cioè il Presidente Moro) una moltitudine di persone come me, crede ancora che vale e sempre varrà la pena, di battersi e difendere questo nostro Stato, pure se qualcuno al suo interno ti combatte e cerca di annientarti (abusando di un potere che diviene prepotenza).
Certo, c'è voluto il suo sacrificio, ma che onore e che forza ci da a tutti noi, sapere che lei, è ancora qua, senza se e senza ma.
Grazie!
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