di FRANCO CIMINO
Non è stata una festa, il quinto anniversario della nascita de La Nuova Calabria. Sì, c’erano tutti gli elementi della festa. L’abbondanza e l’eleganza, tra l’altro, la facevano grande, questa festa. E, poi, quel luogo incantevole, in quella metà di un palazzo tra i più belli e più antichi di Catanzaro, situato nella piazzetta resa ancora più piccola dalle brutture impostole nel tempo. Quello della nostra modernità, che ha in parte cancellato il tempo della preziosa nostra antichità.
Il palazzo Grimaldi Conidi, il nome dice tutto, dieci metri a lato della storica chiesa del Rosario, messo a disposizione con grande generosità dall’avvocato Claudia Conidi. E dentro, a partire dall’androne, tutto quel ben delle tavole imbandite. Molte tavole, a salire di piano, fino alle sale più importanti. E molte delle migliore pietanze, che tentavano gli stessi personaggi storici. I quali sarebbero scesi ben volentieri dai quadri e dalle sculture in marmo e in bronzo distribuite nelle lussuose stanze tra pareti di Damasco e tavoli intarsiati, per gustarne qualità e peculiarità. Chi ha fatto il servizio, Angela Manfredi, puntuale in tutto, può vantarsi di un nuovo successo. Anche per la professionalità del suo giovane personale, uomini e donne professionalmente ben impostati dalla bella e intelligente signora Daniela Canino, titolare della Luxury Event, che li ha guidati avendo organizzato per intero la serata.
C’era pure la musica, abilmente scelta tra le tante che sarebbero piaciute alla diversa sensibilità dei presenti. E le canzoni dal vivo rese piacevoli da una cantante di alto livello, Raffaella Capria, con quella voce timbrata su ritmi e tonalità molteplici e non facili da raggiungere per alcuno che non fosse davvero artista di sicura capacità. Bella e brava, Raffaella, la cantante. Pure generosa, non essendosi risparmiata neppure un attimo.
Chi fosse passato da lì, avrebbe pensato e detto tra sé:” cu sapa cu si spusau? “ C’era da dirlo, sì. Non mancava proprio nulla. Tutto bello. Anzi, bellissimo. E c’era il Sindaco Nicola Fiorita. Il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso. E anche l’ex presidente della Regione, Agazio Loiero, accompagnato da Francesco Pietramala, importante personalità politica di Cosenza. E Marcello Furriolo, di peso culturale e politico uguale. E c’erano anche coloro che rappresentano ruoli istituzionali mal compresi, erano presenti pur se non sono venuti. A volte, come dice qualcuno, li si nota più se non si vedono che non quando si mostrano con medaglie, cappelli e lustrini. Un’occasione come questa, un giornale, come questo, lo evidenzia bene. C’era in rappresentanza del Rettore, l’Università, il prof. Chiarella. E in rappresentanza della Questura un’elegante e bella dirigente, il commissario capo Anna Abbenante. C’era il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Giuseppe Soluri. Che ha pure parlato, dicendo cose importanti, non retoriche e formali. E c’era tanta gente. Bella gente. Di tutti i ceti e ruoli sociali e professioni.
Ma non è stata una festa. Neppure una grande festa. É stata molto di più. Un incontro di persone, che sentono la responsabilità di un nuovo impegno sociale. Un giornale buono ha merito nella sensibilizzazione dei cittadini. È come dire loro: “noi ci siamo, sii presente pure tu. Noi ci saremo ancora se ci sarai pure tu. Ché il cambiamento si fa con le persone, una per una per una. Una per una. Tu e lui. Tu con lui. E poi insieme, per diventare popolo. È dalla coscienza individuale che si costruisce quella sociale. Una storia, c’era una storia. Quella del giornale in festa. Una storia che ha intrecciato in questi cinque anni, la storia della Calabria. L’ha respirata e trasferita nelle “rotative inchiostrate” del digitale odierno. Nella storia, tante storie. Sono quelle umili e forti dei tanti uomini e delle tante donne, che hanno costruito questo giornale, chi entrandovi da giornalista esperto, chi quale praticante nella missione divenendolo, giornalista. E sul campo, come si deve. Come i maestri hanno insegnato. Ché la notizia, distinta dall’opinione, deve essere cercata dal vivo, nel luogo dove essa nasce. Nelle storie di queste donne e di questi uomini, la gran parte giovanissimi. Gliela leggi negli occhi, stasera luminosi di gioia. Il racconto, c’era il racconto di questa Città e di questa Calabria, delle sofferenze e delle speranze, dei problemi. E dei bisogni e dei sogni, di cui siamo fatti noi tutti, abitanti qui, in questa terra. In questo nostro lungo e sinuoso territorio. E c’era in tutti i presenti il loro racconto. Ciascuno si raccontava in qualche modo. Diceva di sé. E senza infingimenti. Con schiettezza. Pure con il chiasso che si crea in uno spazio affollato. Con le loro parole e i loro silenzi. Con il loro stare seduti nelle rosse poltrone, estraniandosi dagli altri, in un restar soli pensosi e interroganti, come il calice di vino lentamente sorseggiato.
No, non era una festa. Non avrebbe potuto esserlo. Molto di più. Molto di più è stata. Il significato ancora più autentico lo davano quei due là, che, timidi e riservati, se non fossero stati loro i protagonisti, si sarebbero occultati dietro una tenda. Sono Stefania e Enzo, i creatori di questa avventura editoriale. Anche se il secondo, nell’introdurre la serata, consegnava il giusto merito alla prima, “una figlia per me”.
Stefania Papaleo, direttrice, e Enzo Cosentino, veterano e maestro di questa “ vocazione”, direttore, hanno commosso tutti. E profondamente. La loro storia personale e professionale è stata il più bel racconto. Stefania, la bambina che s’è fatta, per passione e devozione, giornalista. Passione, lei è nata tra il battere forte su una vecchia macchina da scrivere e il suono dei fogli velocemente estratti da essa. La macchina da scrivere del padre. Devozione, perché quella passione nasce come la fede per un religioso, da una vocazione irresistibile. Giornalista, Stefania, anche per il padre. Restargli accanto per sempre. Trattenere tutti gli insegnamenti di un giornalista immenso, qual era il grande Peppino Papaleo, morto di fatto con la penna in mano. E con ultima notizia, sempre la più scomoda, da lui giornalista del coraggio, che magari gli sarà rimasta in petto. Un grande a Catanzaro.
Enzo, l’uomo minuto e snello, elegante e bello, sul quale la giovinezza non passa mai per il piacere di restargli accanto, traendone, la giovinezza, la forza e la vivacità sue, la fantasia e la testardaggine, sue, commuove nel profondo. Mi veniva da piangere a vederlo, ad ascoltarlo. E per qualche sentimento che lui sa. Un esempio di vita e di lavoro, il suo. Di onestà e lealtà, in cui il sentimento d’amicizia per le persone e l’Amore per Catanzaro come l’immutata passione per questo lavoro missionario, risalta come quel fascio luminoso e caldo di sole nelle fredde giornate d’inverno. Non è stata una festa, no.
É stata l’esplosione di una gioia immensa. Quella di ritrovarsi vivi dopo la battaglia. E nella darsena del porto, dove è stata ormeggiata, per un breve riposo e il rimessaggio, la grande barca dal nome affascinante “La Nuova Calabria".
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