di ANTONELLO TALERICO*
La riforma della sanità in Calabria passa sicuramente dal superamento del disastro della gestione dei Pronto soccorso sempre più affollati (troppe oramai le denunce dei cittadini per i disservizi e di molti sanitari per le gravi aggressioni che si consumano a loro danno), delle liste d'attesa sempre più lunghe (tanto da rifiutare financo le prenotazioni), delle ambulanze sempre più vetuste e sempre meno rapide e disponibili, al personale ridotto all'osso, sino ad arrivare al dramma della disorganizzazione e della mancata attuazione della medicina del territorio.
Occorre sicuramente procedere a nuove assunzioni (nel pieno rispetto del piano di rientro e dei piani assunzionali, magari regionalizzando le diverse graduatorie) e ad una nuova organizzazione del personale. I pronto soccorso dovrebbero gestire l’utenza dividendola in bassa e complicata complessività (raddoppiando sale e personale, così come avviene ad esempio all’ospedale di Careggi), per evitare il sovraffollamento e le lunghe attese anche oltre le 15 ore per i codici non urgenti. Se la politica sanitaria non darà presto risposte sarà davvero difficile garantire anche le emergenze, poiché ad esempio al Pronto Soccorso dell’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro l’attesa media supera le dieci ore, senza fare distinzione se ad attendere sono soggetti fragili (anziani e malati gravi).
Difatti, l’utenza allorquando arriva dinnanzi allo sportello del triage (per la registrazione dell’accesso) si trova dinnanzi un vero e proprio caos difficile da gestire anche da parte di esperti sanitari circondati da persone che necessitano di cura ed assistenza senza poter dare loro una risposta in tempi rapidi. A chi non è capitato di malati agonizzanti dal dolore ed i rispettivi familiari in preda al panico o peggio ancora adirati anche per l’impossibilità di avere informazioni dello stato di salute dei propri cari, anche a distanza di ore rispetto all’accesso in P.s..
In queste condizioni non è possibile garantire una assistenza sanitaria ed un servizio di accoglienza adeguato al dolore ed a volte anche alla disperazione. Al contempo si scarica sui sanitari il peso della malagestio politica e manageriale frutto del fallimento risalente negli anni, nonostante le esose risorse finanziarie investite nella sanità ed i lauti compensi per direttori, commissari e altre figure apicali.
Manca la considerazione del paziente, che nella migliore delle ipotesi viene lasciato su una barella del 118 o addirittura è costretto ad attendere ore interminabili - nel più totale abbandono in un angolo del pronto soccorso - per sottoporsi ad una consulenza specialistica o per eseguire una semplice radiografia, spesso per l’esiguità numerica del personale sanitario del pronto soccorso ed altre volte per una scarsa organizzazione gestionale.
Purtroppo tale quadro genera gravi ritardi nei trattamenti sanitari (anche per casi gravi), uno scarso approfondimento clinico, un ritardo nelle informazione ai malati o ai parenti, ed un ritardo anche nel trasferimento e/o accompagnamento del paziente nei vari reparti (radiologia, reparti di degenza, espletamento delle consulenze specialistiche, ecc.), a ricaduta anche per le semplici dimissioni dell’utenza. Vi è anche grave violazione della privacy, per la presenza di più pazienti nella stessa area, che oltre a comportare un notevole disagio per il paziente, può indurlo ad una reticenza nel fornire informazioni sullo stato di salute effettivo così inficiando il percorso di diagnosi e cura, o peggio ancora abbiamo pazienti che acquisiscono informazioni personalissime sullo stato di salute di soggetti terzi poiché il personale sanitario discute con i colleghi senza alcun rispetto della privacy del malato.
Si aggiunga che a volte l’equipaggio del 118 che accede al PS può vedersi trattenuta la propria barella, ove il malato rimane allocato a lungo, determinandosi il blocco del mezzo che ne impedisce dunque la disponibilità per nuovi interventi di soccorso.
A questo si aggiunga il clima di tensione per la forte pressione emotiva sugli utenti, sui familiari e sugli stessi medici, con grave pregiudizio anche per gli standard qualitativi della prestazione sanitaria. Occorre procedere all’aumento del personale di pronto soccorso, coinvolgendo il personale del 118, le guardie mediche per la valutazione dei codici minori, gli internisti e i chirurghi nella turnistica per le attività di loro competenza, incentivare la scelta della specializzazione in Medicina di urgenza, ridurre gli accessi al pronto soccorso, attraverso l’implementazione dei sistemi territoriali, con vere e proprie case di comunità che sappiano rispondere ai bisogni differibili di salute della popolazione, liberando l’ospedale dal sovraffollamento e restituendo la cura ordinaria dei pazienti ai medici di medicina generale. Oggi, in Calabria se ti ammali corri il rischio di non avere alcuna assistenza sanitaria, perché molti malati oncologici aspettano mesi per fare una pet, come se il sistema sanitario dicesse loro che devono soltanto morire !
D’altro canto i medici sono troppo pochi per fare tutto e sono costretti a lavorare in condizioni drammatiche, per i ritmi di lavoro, per le responsabilità, per l’organizzazione a turni, per l’elevato numero di notti lavorate in un mese, coprendo turni per 15-18 ore, per la scarsità di giorni di riposo, con il rischio che la stanchezza li porti a sbagliare. La Calabria ha diritto ad avere una sanità di qualità, più efficiente, poiché abbiamo tanti malati cronici ed oncologici (per costoro molti visite o esami vengono prenotati a distanza di mesi) e molte strutture sanitarie, purtroppo, sono inadeguate ! Noi non possiamo arrenderci.
Ecco perché il tema della sanità è centrale e deve rappresentare la vera grande sfida ed obiettivo della politica calabrese. E’ una questione di dignità umana, di rispetto verso chi lotta per poter continuare a vivere.
*Consigliere Regionale
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