Antonio Gramsci e la scuola, la riflessione di Biagio Merandi: "Cultura e sapere riacquistino centralità"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Antonio Gramsci e la scuola, la riflessione di Biagio Merandi: "Cultura e sapere riacquistino centralità"
Antonio Gramsci
  13 febbraio 2022 18:31

di BIAGIO MERANDI

"Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media porta con sé la tendenza a rallentare la disciplina dello studio, a domandare «facilitazioni». Molti pensano addirittura che le difficoltà siano artificiose, perché sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale".

Banner

Così scriveva Antonio Gramsci in un bel passo dei suoi Quaderni dal carcere.

Banner

La scuola è un lavoro a tutti gli effetti, così come lo studio, e le ore di studio non vanno alternate ad altri lavori.

Banner

Mi chiedo spesso il motivo per cui Antonio Gramsci sia ancora poco conosciuto e studiato nelle scuole italiane, nonostante sia inconfutabile il contributo dato dal suo pensiero alla formazione di una coscienza di classe libera e più consapevole. 

Antonio Gramsci già più di un secolo fa poneva il problema di una forte cesura tra intellettuali e classi subalterne, ritenendo infatti il popolo stesso come intellettuale, in quanto ogni individuo, attraverso la scuola e la formazione può essere in grado di plasmare una intima e profonda concezione degli eventi. La sua accusa agli intellettuali del tempo muoveva proprio in questa direzione, ossia li si accusava di non comprendere e avallare il "pensiero del popolo".

Purtroppo sono trascorsi molti decenni da quando il pensiero pragmatico di Gramsci è stato abbandonato, e, molto onestamente (ma ciò riflette una mia personale opinione), il modello di scuola e di conoscenza sorto a partire dagli anni 60, e che molto fa riferimento alla figura di Don Lorenzo Milani, non mi entusiasma molto.

Il sapere non è mai da ritenersi "reazionario ", e la formazione va intesa come uno tra i percorsi di vita più importanti, anzi fondamentale. 

Ritengo sia giunto il tempo che larga schiera di intellettuali di sinistra rifuggano da un certo imbarazzo generato dal ruolo della cultura e del sapere, che debbono invece riacquistare quella centralità nel mondo della scuola in modo maggiore.

È un compito molto delicato, che presenta difficoltà abnormi, ma che è necessario affrontare con la serietà che esso pretende, perchè, a cercare di rendere facile e confortevole ciò che non lo è, si rischia di cadere nella "sguaiataggine", come lo stesso Gramsci asseriva.

E non possiamo permetterci un errore così grave, non più oggi, in giorni in cui perdono la vita giovani studenti nello svolgimento del proprio "lavoro".

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner