di MARIO ARCURI
Il suggestivo scenario del Parco Scolacium di Roccelletta di Borgia ha fatto da idoneo e splendido contesto al concerto di Alice, ospite di Armonie d’arte Festival, artista consacrata dal pubblico e dalla critica come unica e grande interprete della musica e delle parole di Franco Battiato.
Accanto ad Alice il Maestro Carlo Guaitoli, già collaboratore dell’artista siciliano scomparso un anno fa e che ha accompagnato Alice proponendo superlativi arrangiamenti per pianoforte ed orchestra. Davanti ad un pubblico che ha partecipato all’appuntamento in religioso silenzio, Alice e Guaitoli hanno proposto una scaletta in grado di far vibrare ed emozionare non solo per la qualità dei testi e della musica, ma anche per modalità interpretative che hanno raggiunto vette di mistica spiritualità.
Di Alice, forse e senza forse, non si è mai valorizzato il talento come avrebbe sicuramente meritato; un po’ perché il mercato impone di ricercare sempre di più l’immagine e meno i contenuti, un po' per scelta dell’artista forlivese che non ha mai voluto sfruttare la sua amicizia e il suo legame con Franco Battiato, preferendo sempre la qualità del consenso piuttosto che la quantità e, potremmo dire, i like. Ma il pubblico ha saputo apprezzare negli anni, non di meno nel corso di questa tournée in ricordo di Battiato, la ricerca di quella che lei stessa definisce “la realtà oltre l’apparenza”.
“Nel 1985 – racconta Alice – resi omaggio a Franco con l’album “Gioielli rubati” e questo concerto ne rappresenta l’ideale prosecuzione”. Perché, in effetti, di veri e propri gioielli si tratta quando vengono proposti anche brani non conosciuti dal grande pubblico come “Eri con me” e “Veleni”, “Luna indiana” e “Lode all’inviolato” che impattano inizialmente con un pubblico attento e concentrato. Su tutte “Eri con me” di cui Alice racconta la genesi: “Cercavo un pezzo mistico, glielo chiesi a Franco al telefono. Rimase in silenzio per un interminabile momento e mi rispose: non mi chiedi poco, lo sai che certi tipi di canzoni necessitano di un determinato stato d’essere, di ispirazione. Dopo qualche giorno mi richiamò al telefono e mi fece ascoltare il pezzo”.
Il pubblico sembra poi avere un sussulto e un tentativo di alzare la voce e farsi sentire, come si fa ai concerti, quando Alice propone capolavori artistici come “Segnali di vita”, “Gli uccelli”, “Summer on a solitary beach”: l’emozione e il rispetto del silenzio non imposto ma condiviso, prendono anche in questo caso il sopravvento. Le ovazioni, alla fine di ogni canzone, però, sono tanto significative quanto la genuina spontaneità della musa di Battiato che spalanca le braccia e indica costantemente il pianista Guaitoli.
Il pubblico apprezza quel “Povera patria” che solo un artista come Battiato poteva comporre “per non dimenticare”, ma che suona drammaticamente attuale. Ricorda l’Eurofestival del 1984, quando assieme a Battiato propose la fantastica “I treni di Tozeur”, nonché i celeberrimi “Il vento caldo dell’estate”. “Messaggio”, “La stagione dell’amore” e “Prospettiva Nevski”, “Per Elisa”. Impressionante l’emozione e il coinvolgimento spirituale all’ascolto di due capolavori quali “La cura” e “E ti vengo a cercare”, preghiere laiche capaci di raggiungere vette inesplorabili di spiritualità. E infine “L’era del cinghiale bianco” con la stessa Alice che invita il pubblico a cantare e a battere le mani, quasi come un nuovo e doveroso omaggio e una voce corale verso un artista che ha fatto della musica “un sentimento popolare nato da meccaniche divine”. Standing ovation!
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