di EDOARDO CORASANITI
"Elevato spessore criminale di Babbino, derivante dall'importanza del ruolo e delle funzioni concretamente svolte all'interno del sodalizio criminale". Si riassumono in 25 pagine le motivazioni del Tribunale di Catanzaro che, su richiesta della Direzione investigativa antimafia, ha disposto la confisca dei beni per un milione di euro nei confronti di un imprenditore catanzarese, Luciano Babbino, ritenuto il vertice di un'associazione di stampo mafioso 'ndranghetistica. Vallefiorita, Amaroni e Squillace i comuni su cui il suo radar avrebbe agito e fatto finire sotto l'influenza delle locali cosche di Cutro e Isola Capo Rizzuto. Il Tribunale ha disposto anche una misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, Vallefiorita, per 3 anni.
Su questi territori Babbino "avrebbe ricoperto un ruolo di primaria importanza, contribuendo così alla crescita del sodalizio e all'affermazione sul territorio; ruolo che si sarebbe estrinsecato, nel coadiuvare un altro membro “nell'assunzione delle decisioni più rilevanti della vita dell'organizzazione, pianificando le vicende estorsive - pure nel proprio personale interesse - anche in relazione alle stesse modalità esecutive, nel rappresentare la cosca nei rapporti con le altre organizzazioni mafiose nei momenti di criticità e tensione negli equilibri tra le consorterie criminali e nel dirigere le azioni da compiere nel territorio di riferimento, impartendo puntuali disposizioni agli altri associati a lui subordinate”, si legge nel dispositivo.
Il Tribunale delinea quelle che erano le modalità delle estorsive, per cui “ venivano attuate avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e di omertà che promanava dalla cosca di 'ndrangheta di riferimento, nonché tenendo un comportamento tale da richiamare nel soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga ad un sodalizio di tipo mafioso”.
Dettati anche i tempi in cui Babbino, già coinvolto nelle operazioni della Dda di Catanzaro denominate "Jonny" e "Imponimento", avrebbe agito: dal 2010 al 2019, un arco temporale che dimostrerebbe la sproporzione reddituale ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. E infatti, la confisca va a sigillare l'intero compendio aziendale di due società attive nei settori della ristorazione e della tinteggiatura e posa in opera di vetri, una associazione culturale, 10 immobili, un motociclo, un' autovettura, rapporti bancari e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato di oltre un milione di euro. Per il Tribunale, nonostante le prove contrarie portate in giudizio dalla difesa rappresentata dall'avvocata Paola Stilo, i dati fiscali e contabili non fanno che confermare quanto già disposto con il sequestro: tutti gli acquisti e gli investimenti fatti da Babbino, o comunque a lui riconducibili, nel lasso temporale 2010-2019 e conclamata la sua pericolosità sociale qualificata, non trovano alcuna origine lecita e sono privi di giustificazione sul piano economico-finanziario".
La difesa adesso preannuncia il ricorso presso le sedi competenti per fornire una lettura alternativa degli indizi finora emersi, a partire dai dati reddituali, le spese effettuate, le entrate e le uscite dell'imprenditore catanzarese.
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