Autonomia differenziata

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Sabatino Nicola Ventura
  22 luglio 2019 18:10

L’art. 5 della Costituzione: “La repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.

Nel 1947 la Costituzione volle affermare un’intermittenza rispetto allo Stato centralizzato nato dall’unità d’Italia e proseguito con il regime fascista.

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La Costituzione vuole, attraverso il decentramento amministrativo, determinare un rapporto più diretto, meno lontano tra i cittadini e le istituzioni di governo.

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La Repubblica nasce, si è voluto affermare, con vocazione antiautoritaria.

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La norma, art. 5, nell’offrire le basi al regionalismo, riafferma, comunque, l’assunto fondamentale della Costituzione, e cioè che l’Italia è “una e indivisibile”. Richiama l’attenzione sui limiti che dovrà avere il decentramento, perché sempre abbia prevalenza l’unità nazionale.

Con le richieste delle Regioni Lombardia e Veneto, a seguito di un referendum, peraltro non previsto da alcuna norma, e dall’Emilia Romagna, di concedere l’Autonomia Differenziata, così è stata chiamata, s’innesca, per i contenuti delle richieste, un meccanismo capace di modificare sostanzialmente la Costituzione. Le Regioni interessate chiedono, di fatto, ma anche chiaramente, autonomia politica su materie molto importanti e di valenza nazionale, tali da incrinare l’unità del Paese.

L’unità nazionale, valore fondamentale, si realizza, soprattutto, attraverso il riconoscimento, concreto, della parità e delle pari opportunità per tutti i cittadini indipendentemente dalla Regione in cui nascono e vivono, nell’esercizio dei diritti costituzionali. Tali riconoscimenti sono espressione dell’unità culturale, storica, economica e valoriale che caratterizzano una comunità. La scuola, gli studi universitari, la sanità, i trasporti, il lavoro e via dicendo dovranno essere sempre più occasione di unità nazionale. Ogni istituzione nazionale, regionale, locale ma ogni singolo cittadino, dovranno, per come previsto, contribuire a consentire a tutti l’esercizio dei medesimi diritti unificanti. Nessuna discriminazione potrà essere consentita.

Le proposte delle Regioni del Nord violano questi principi fondamentali; nascono da una considerazione egoista, soprattutto di ordine economico, ma anche sociale, culturale e di valori. Sostengono che le Regioni più “virtuose”, quelli che fanno più soldi, (Il virtuosismo, se c’è, è tutto da dimostrare e da cosa nasce) hanno il diritto di trattenere la quasi totalità delle somme, quelle che oggi vanno allo Stato. Le somme in più che tratteranno Di fatto tolte al Sud) saranno utilizzate per assicurare maggiore qualità di servizi ai propri cittadini, tanto da rendere, sicuramente, l’Italia un Paese con diritti, qualità e quantità di servizi diversi a secondo della differente forza economica di ogni Regione. C’è di più, se si leggono con attenzione le proposte, anche il lavoro sarà riservato (soprattutto scuola, sanità) solo ai cittadini di quelle regioni. La formazione, la ricerca, le specializzazioni, (scuola, università, corsi) ma anche l’informazione, saranno pertinenza regionale e potranno essere di qualità e livelli predisposti per le competenze che dovranno avere i giovani del Nord. Tali scelte, non solo differenzieranno la preparazione dei giovani italiani a secondo, dove risiedono, ma costituiranno l’impossibilità di accedere al lavoro, a chi non ha la specializzazione ottenuta nella Regione che la istituisce.

Avere scuole e università di livello alto con gli stessi programmi e occasioni delle Regioni del Nord, per esempio in Calabria, sarà quasi impossibile; lo stesso vale per la sanità, i trasporti e altro ancora. Avere il diritto a isegnare, di essere assunto nei servizi sanitari del Nord, partecipare a concorsi e graduatorie in quelle Regioni, sarà per un meridionale molto più difficile o impossibile.

Le Regioni del Nord pretendono e rivendicano, attraverso un’interpretazione anticostituzionale, un’ampia autonomia economica e politica, tanto da farle diventare piccole nazioni. Non solo precludono, in tanti settori, la possibilità, soprattutto ai meridionali di accedere nelle loro Regioni al lavoro (in particolare nella scuola e nella sanità), ma pretendono, attraverso le finanze locali, che tratterrebbero nella quasi totalità (tasse), di offrire scuole, università, formazione, sanità, trasporti e via dicendo differenziate. Ogni regione si comporterà, per l’appunto in modo autonomo. L’unità nazionale: appartenenza a una comunità, cesserà di esistere. In cosa e per cosa saremo italiani sarà questione da rideterminare. Nei programmi scolastici, universitari, nella formazione dei medici, nelle tecnologie varie, nelle infrastrutture, ogni Regione è libera di operare e spendere i “propri” soldi: (altro concetto anticostituzionale – ricordo i principi costituzionali di solidarietà, compensazione, perequazione, uguali opportunità, degli esseri cittadini da Trapani a Bolzano). Il Sud resterebbe un territorio nazionale ma declassato a colonia o a “Paese straniero confinante”. Il motto della Lega: “Aiutiamoli a casa loro” sarà probabilmente sperimentato nei territori del Mezzogiorno.

L e Regioni del Nord hanno sentenziato: il Sud, per le gravi colpe d’incapacità, merita di essere punito. Avrà la possibilità, autonomamente, di riscattarsi e diventare virtuoso. Forse avrà qualche pietistico aiuto, ma in ogni caso non dovrà rompere i co…. Anche per i cittadini del Sud i porti saranno, dunque, chiusi (prima gli italiani, cioè quelli del Nord).

Se passa l’Autonomia Differenziata per come prevista dai proponenti, si determinerà un’Italia arlecchino.

Quanto sta avvenendo è molto grave. Non possiamo fare passare una secessione vera, mistificata con parole devianti.

Richiamo l’attenzione sui limiti posti al decentramento dallo stesso Art. 5 e dalla Costituzione nella sua organica impalcatura. Tanto è vero, che i costituenti hanno previsto il pericolo di straripare e hanno contemplato la possibilità di sciogliere, d’autorità, i Consigli Regionali che adottano scelte anticostituzionali, fra i quali il separatismo.

Avanzo una breve riflessione: il regionalismo, nello spirito della Costituzione, serve a governare meglio attraverso un rapporto ravvicinato cittadini/istituzioni. Il regionalismo ha quale missione principale quella di unire il Paese mediante la garanzia e la promozione della parità dei diritti, colmando, con l’aiuto del Governo Centrale, i divari territoriali.

Se invece, come nel caso in argomento, qualcuno approfitta, come sta avvenendo, in modo scorretto per rivendicare un’autonomia regionale per spaccare l’Italia, sarà necessario e legittimo che le forse politiche non separatiste facciano fronte comune in Parlamento e nelle diverse istituzioni per arginare l’attacco, di questo si tratta, all’unità nazionale.

Lo stesso regionalismo se comporterà un serio problema all’Italia e all’Europa, dovrà essere riesaminato e aggiornato.

Noi abbiamo bisogno, a differenza del 1947, alla luce della globalizzazione e dell’avventura europea, di un paese molto unito (nei diritti), nello sforzo di emancipazione e di progresso. Abbiamo bisogno di un Paese unito per contare in Europa; per aiutare a costruire l’Europa dei cittadini, titolari di uguali diritti e opportunità. Se si realizzerà l’Autonomia Differenziata (secessione) saremo una debolezza e, di fatto, degli antieuropei.

Credo che i Consigli delle Regioni del Sud debbano rapidamente riunirsi votando ordini del giorno che stigmatizzino tale sciagurata ipotesi. Ma anche i Consigli Comunali, a partire nel caso della Calabria, da Catanzaro città capoluogo, dovranno essere convocati ed esprimersi contro. I partiti politici dovranno, se non ora quando, essere molto chiari nel dichiarare la loro posizione. Questo è un momento della storia repubblicana molto delicata e pericolosa: è in gioco l’unità del Paese.

Il Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, sono certo, saprà fare valere la sua autorevolezza e “autorità” in difesa dei cittadini tutti, meridionali e del nord.

Sabatino Nicola Ventura

 

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