Autonomia differenziata e Bene comune: a Catanzaro la riflessione tra diritto, etica e sviluppo

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Da sinistra: Luigi Bulotta, Luigi D'andrea, Cesare Pucci, Alberto Scerbo, Francesco Aiello, Luigi Mariano Guzzo
  04 marzo 2025 13:32

di IACOPO PARISI

Si è tenuto a Catanzaro un incontro di alto valore culturale e sociale sul tema dell'Autonomia Differenziata, promosso dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC), sezione di Catanzaro-Squillace. L'evento, intitolato "Autonomia Differenziata: Sussidiarietà, Solidarietà e Bene Comune", ha offerto una riflessione approfondita alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 192/2024 e dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa.

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Ad aprire i lavori è stato l'avvocato Luigi Bulotta, presidente del MEIC di Catanzaro-Squillace, che ha sottolineato l’importanza di un’autonomia calibrata sulla coesione sociale e sul bene comune, senza frammentazioni dannose per l’unità della Repubblica. A seguire, i saluti istituzionali hanno visto l’intervento di S.E. Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, del Sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, della Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Vincenza Matacera, del Presidente della Camera di Commercio Pietro Falbo, del Direttore del Dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche UNICAL Franco Rubino e della Vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Catanzaro Elisabetta Chiriano. Ha inviato un contributo scritto il Presidente della Provincia Amedeo Mormile, impossibilitato a partecipare.

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I relatori hanno offerto un’analisi multidisciplinare del tema mentre le conclusioni sono state affidate al prof. Alberto Scerbo, Ordinario di Filosofia del Diritto all’Università Magna Graecia di Catanzaro. A moderare l’evento è stato il giornalista Cesare Pucci.

L’incontro ha posto al centro una questione cruciale: come conciliare autonomia e unità nazionale nel rispetto del principio di sussidiarietà e del bene comune. La recente sentenza della Corte Costituzionale ha sottolineato che l’autonomia differenziata non deve generare disuguaglianze tra cittadini in base al territorio di residenza, né frammentare l'unità della Repubblica. Il punto centrale del dibattito è stato proprio questo: un’autonomia che rafforzi la coesione, senza creare squilibri economici e sociali tra le regioni.

L'avvocato Luigi Bulotta ha posto l’accento sulla necessità che certe scelte non arrivino dall’alto, ma siano condivise, all’interno di una logica di collaborazione tra istituzioni, associazioni e cittadini. Ha ribadito che l’autonomia deve essere riformata in modo da garantire il bene comune e creare condizioni di sviluppo equilibrate in tutto il territorio nazionale. Ha inoltre sottolineato come ogni cittadino debba poter godere degli stessi diritti, senza discriminazioni legate alla provenienza territoriale. Per Bulotta, il vero obiettivo è costruire una riforma equilibrata, basata su sussidiarietà, solidarietà e bene comune, che non accentui le disuguaglianze ma favorisca lo sviluppo armonico dell’intero Paese. 

Nel suo intervento, Luigi D’Andrea, Presidente nazionale MEIC e Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Messina, ha evidenziato il delicato equilibrio tra istanza di autonomia e necessità di coesione nazionale, sottolineando come la Costituzione italiana, pur affermando il principio di "Repubblica una e indivisibile", riconosca e promuova le autonomie locali. Tuttavia, ha messo in luce il rischio che un’eccessiva differenziazione possa compromettere l’uguaglianza tra cittadini, creando disparità nei servizi essenziali e nelle opportunità di sviluppo economico e sociale. Ha inoltre ricordato che l'art. 116 della Costituzione, che regola l'autonomia differenziata, solleva dubbi sulla sua piena efficacia nel garantire uno sviluppo equo per tutte le regioni.

Nel suo contributo, Luigi Mariano Guzzo, Professore di Diritto e Religione all’Università di Pisa, ha esaminato la legittimità dell’intervento della Chiesa e della sua Dottrina sociale nella questione dell’autonomia differenziata, nel rispetto delle norme concordatarie. Attraverso un’ampia analisi documentale, ha ripercorso i principali riferimenti ecclesiali sul tema, a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII, passando per la Gaudium et Spes di Paolo VI e le esortazioni di Giovanni Paolo II pronunciate in Calabria. Ha poi concluso il suo intervento richiamando un contributo meno noto ma significativo: l’intervento dell’arcivescovo Antonio Cantisani all’Assemblea dei vescovi italiani nel 1988, che proponeva il pensiero meridiano come una via pastorale per promuovere uguaglianza e solidarietà.

Francesco Aiello, Ordinario di Politica economica all’Università della Calabria, prima di entrare nel merito del dibattito, ha voluto rendere omaggio all’economista Vittorio Daniele, recentemente scomparso, che ha dedicato la sua ricerca alle tematiche dell’autonomia e del meridionalismo. Ha poi evidenziato le criticità della legge Calderoli, sottolineando che la richiesta delle tre regioni promotrici (Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna) di ottenere la competenza su tutte le 23 materie disponibili risulta insostenibile, sia sotto il profilo teorico che pratico. Ha inoltre analizzato l’impatto economico della riforma, citando proiezioni di Bankitalia che stimano una riduzione del 33% delle risorse statali destinate alla coesione territoriale, qualora venisse applicato il principio del residuo fiscale. Infine, ha evidenziato la contraddizione tra la legge Calderoli del 2024 e quella del 2009, entrambe firmate dallo stesso ministro: mentre la prima rischia di accentuare le disparità, la seconda proponeva un modello di federalismo fiscale con meccanismi perequativi che avrebbero potuto favorire anche il Sud.

A chiudere il dibattito è stato Alberto Scerbo, che ha approfondito il legame tra solidarietà e sussidiarietà, due principi fondamentali per un’autonomia che non accentui le disparità ma rafforzi il tessuto sociale. Ha ricostruito l’evoluzione storica del federalismo e del regionalismo in Italia, evidenziando come inizialmente fosse più radicato nel Sud, per poi spostarsi al Nord con il mutare dell’assetto economico e produttivo del Paese. Ha concluso con un forte richiamo alla responsabilità collettiva: il futuro delle regioni meridionali dipende dalla capacità di ognuno di contribuire a una crescita condivisa, che metta al centro il bene comune e la coesione sociale.

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