"La legge di bilancio consente di vedere con chiarezza l’impronta politica dell’esecutivo Meloni, la vera natura classista che dirada la nebbia dei primi provvedimenti di bandiera del Governo (dai rave alle ONG). Un’impronta in tutto e per tutto identica a quella dei precedenti governi che da oltre trent’anni, da destra, da sinistra o dal versante dei cosiddetti governi tecnici hanno condotto un progressivo smantellamento dello stato sociale ed un attacco ai lavoratori, ai loro diritti e ai loro salari. Attacco che sta trasformando la povertà, la precarietà e la disoccupazione in elementi strutturali della vita della maggior parte dei cittadini italiani.".
Lo scrive il comitato cittadino di Catanzaro di "Potere al popolo".
"Vi è una sintonia tra le misure di bandiera varate nelle prime settimane dal Governo, misure minori solo per chi non le subisce sulla propria pelle, e la legge di bilancio appena approvata.
La guerra agli ultimi, ai poveri, ai deboli viene ostentata nell’ambito delle politiche migratorie perché condotta a largo del Mediterraneo, lontano dalle nostre case e dai luoghi di lavoro, sulla pelle degli stranieri, o spettacolarizzata nella lotta senza quartiere ai rave disegnata ad arte per reprimere ogni forma di dissenso sociale. Eppure, quella stessa guerra di classe è la cifra della manovra finanziaria varata dal Governo, è il contenuto politico dei numeri che emergono dal principale strumento di politica economica in mano all’esecutivo. La Legge di Bilancio porta l’attacco dentro le nostre case, nei nostri luoghi di lavoro.
Anche il ddl proposto dal ministro per gli Affari regionali Calderoli, ddl già entrato nella legge di Bilancio del 2023, si inserisce in questa guerra, che in questo caso viene dichiarata all’intero Sud. Infatti sono previsti i fondi, 6.600.000 euro nei 3 anni, per avviare il percorso che in pochi mesi può farlo diventare legge.
Si attuerebbe in questo modo “La secessione dei ricchi”, ovvero creare cittadini con diritti di cittadinanza di serie A o B a seconda delle regioni in cui vivono. Accentuerebbe l’eterno divario fra Nord e Sud, in quanto il Sud verrebbe ulteriormente penalizzato perchè non farebbe altro che spaccare il Paese ed avviarlo verso uno Stato federale, rinnegando così lo Stato unitario e indivisibile sancito nei principi della Carta costituzionale.
L’Art. 5 della Costituzione, “La Repubblica, una e indivisibile , riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, verrebbe, di fatto, cancellato. In esso sono espressi valori fondamentali che esprimono il più alto senso della democrazia, infatti promuovono la libertà operativa degli Enti locali, ma nel rispetto di un contesto statale unitario ed indivisibile.
Ci troviamo difronte non ad una piccola questione amministrativa, che riguarda solo i cittadini di quelle regioni, ma ad una grande questione politica, che riguarda tutti gli italiani.
Con il ddl Calderoli si passa dai Lea (livelli essenziali di assistenza) ai Lep (acronimo di livello essenziale di prestazioni). La differenza sostanziale fra i due livelli consiste nel fatto che i Lep considerano meramente le prestazioni, mentre i Lea garantiscono pari diritti di assistenza al servizio di tutti i cittadini.
Ritorna il criterio della “spesa storica”, ragion per cui, con l’assurda motivazione che le Regioni del Sud non sono meritevoli di fondi statali, in quanto non hanno strutture di base, come asili nido, scuole e strutture sanitarie funzionali con presidi medici efficienti alle cure e all’assistenza dei cittadini. Asili nido inesistenti in tanti comuni della Calabria. Quindi poiché nel comune di.. non vi sono asili nido, ad esempio, in quel Comune non devono essere destinati fondi per la messa in opera di nuove realtà scolastiche e di assistenza all’infanzia. Mentre le regioni del Nord che richiedono l’autonomia differenziata e hanno strutture scolastiche ed ospedaliere sono meritevoli e sono meritevoli di più fondi. Per una logica perversa che chi è povero deve necessariamente esserlo sempre di più e non ha diritto a migliorare il suo stato di vita sociale.
Per essere più chiari saranno le Regioni già provviste di strutture (quelle del Nord) che riceveranno più fondi, perché considerate meritevoli, mentre quelle del Sud colpevoli di essere figlio di un dio minore, per mancanza di ospedali, scuole e asili nido, verranno sempre più penalizzate.
Le regioni del Nord (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) che hanno avanzato richieste di autonomie, non tengono in considerazione che l’attuazione delle autonomie solo in alcune regioni, già avvantaggiate rispetto al Sud del Paese, comporta sottrazione di ingenti risorse finanziarie alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi ed infrastrutture logistiche (porti, aeroporti, strade di grande comunicazione, reti di distribuzione dell’energia, ecc.) che per loro natura non possono che avere una dimensione nazionale ed una struttura unitaria. Ma nemmeno la regione che ottiene l’autonomia se ne avvantaggia: sia perché il Sud è il mercato essenziale per il Nord, sia perché nelle stesse regioni “ricche” le condizioni interne tra le varie realtà territoriali non sono omogenee, e quelle più svantaggiate difficilmente riceverebbero compensazioni che, nell’ottica dell’efficienza andrebbero, invece, alle parti già più ricche e meglio organizzate, secondo la stessa logica. Inoltre, una Regione non ha alcuna possibilità di affrontare la competizione globale.
Uno sviluppo capitalistico organicamente duale dell’Italia, come lo definì Gramsci, per cui abbiamo avuto storicamente un Nord ricco e un Sud povero.
La Meloni a parole rivendica “Dio, patria e famiglia”, ma nell’azione concreta utilizza la mano dello Stato per affondare il Sud, che trova anche consenso nel presidente della Giunta regionale Occhiuto che valuta positivamente l’autonomia differenziata in quanto viene falsamente descritta come una nuova opportunità per la Calabria e accoglie con in pompa magna Calderoli.
Non ci rimane molto tempo. Dobbiamo costruire una opposizione sociale di massa contro tale progetto, che oggi acquista una pericolosità maggiore con un governo di destra e leghista, privo di un’opposizione parlamentare efficace e coerente, in molti casi connivente".
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