AVR contro il Comune di Reggio per la proroga del servizio rifiuti. Il Tar salva l'ordinanza, ma non lo stesso prezzo

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La sede del Comune di Reggio Calabria
  24 luglio 2020 16:07

di PAOLO CRISTOFARO

La AVR S.p.A. ha impugnato l’ordinanza del 20 febbraio 2020, nonché quella del 14 gennaio 2020, con cui il Sindaco del Comune di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà ha disposto che la società, senza soluzione di continuità, dovrà procedere nell'erogazione dei servizi di igiene urbana con decorrenza dal 16 gennaio 2020 per il tempo strettamente necessario all'individuazione, tramite una procedura selettiva in via d'urgenza, di un altro operatore economico. Il Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria (presidente: Caterina Criscienti; estensore: Antonino Scianna) ha accolto solo in parte le istanze della ditta, annullando l'ordinanza n°10 del 20 febbraio 2020 per la prosecuzione del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti, ma in riferimento all'imposizione, dal parte dell'Ente, del corrispettivo per il servizio. La AVR vantava già un credito dall'Ente di 17 milioni di euro.

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Secondo il Tribunale risulta fondato il solo motivo di ricorso con cui la società contesta la legittimità dell’ordinanza contingibile ed urgente nella parte in cui, oltre ad ordinare la prosecuzione del servizio, impone unilateralmente le condizioni economiche di tale prosecuzione", specifica la sentenza, annullando, difatti, l'ordinanza emessa dal Comune. "L'ente può solo imporre al privato l'erogazione delle prestazioni nonostante la scadenza del contratto stipulato, ma non può certo imporre alla società un corrispettivo per l'espletamento di quel servizio", scrivono i giudici.

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In vista della scadenza dell'appalto, il 31 dicembre 2019, la AVR aveva chiesto al Comune di fornire indicazioni in merito all'operatore economico che sarebbe subentrato nel servizio e di avere altresì, in tale circostanza, comunicato all’ente l'insussistenza delle condizioni di fatto e di diritto per l'eventuale prosecuzione del servizio oltre le scadenze contrattuali, "sollecitando dunque una tempestiva programmazione del passaggio di gestione", riporta il dispositivo del Tribunale.

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Nel merito l'amministrazione comunale ha asserito che la società ricorrente avrebbe di fatto sostanzialmente accettato, riconoscendone la remuneratività, i compensi imposti con la prima ordinanza. In particolare, nel condizionare l’accettazione della proroga del servizio imposta al pagamento da parte dell’Ente dei compensi arretrati, dovuti a fronte del servizio già reso, la AVR avrebbe indirettamente riconosciuto l’adeguatezza dei compensi percepiti rispetto al servizio prestato, non solo per il periodo di validità del contratto ma anche per il periodo di operatività della prima ordinanza. Il Tar, però, ha ugualmente condannato l'Ente su questo punto, imponendo anche il pagamento di 2.500 euro di spese legali.

"Non risulta fondato il rilievo secondo cui difetterebbero i presupposti della straordinarietà ed imprevedibilità per essere stata la stessa amministrazione a creare la situazione di necessità, scegliendo solo a ridosso della scadenza contrattuale di reinternalizzare il servizio, ed omettendo di procedere tempestivamente all’espletamento della procedura ad evidenza pubblica per l’individuazione di un nuovo operatore economico cui affidarne temporaneamente lo svolgimento", proseguono i giudici.

"Come già ripetutamente evidenziato, il Comune aveva indetto una procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara, per l'affidamento temporaneo dei servizi di igiene urbana per la durata massima di 130 giorni, nessuno ha ritenuto, tuttavia, di dover presentare alcuna offerta entro il termine stabilito", prosegue il dispositivo. "Devono ritenersi, pertanto, sussistenti quelle situazioni di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente che costituiscono il presupposto del potere sindacale di "emettere … ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti. La censura dedotta è pertanto infondata", è scritto.

Per il Tribunale non può essere condivisa nemmeno l’altra censura di illegittimità dell’ordinanza impugnata che imporrebbe alla ricorrente sine die la prosecuzione dei servizi. Da una lettura generale del tutto, secondo il Tar di Reggio, si riuscirebbe comunque a collocare la scadenza del servizio al 31 dicembre 2020. "È, invece, fondato il terzo motivo di ricorso con cui la società ricorrente contesta la legittimità dell’ordinanza contingibile ed urgente nella parte in cui, oltre ad ordinare la prosecuzione del servizio, impone unilateralmente le condizioni economiche di tale prosecuzione", specifica la sentenza, annullando, difatti, l'ordinanza. "L'ente può solo imporre al privato l'erogazione delle prestazioni nonostante la scadenza del contratto stipulato, ma non può certo imporre alla società un corrispettivo per l'espletamento di quel servizio", scrivono i giudici. 

 

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