Pizze, panini, piatti di carne, insalate, birre, cocktail e tanto altro, ma anche sostanza stupefacente.
Al Mops, locale della movida catanzarese dove i giovani fino a qualche tempo fa, prima della pandemia da coronavirus, si ritrovavano fino all’alba, si sarebbe spacciato. Lo si legge nelle carte dell'ordinanza dell'inchiesta della Dda di Catanzaro denominata "Basso profilo che, il 21 gennaio scorso, ha portato alla notifica di 50 misure cautelari.
Le dichiarazioni dei collaboratori contenute all'interno delle oltre 420 pagine, per gli inquirenti, parlano chiaro: "il locale Mops di Catanzaro Lido riconducibile ai Trapasso" era "gestito di fatto da Umberto Gigliotta”.
E inoltre "l’intestazione fittizia del Mops è chiaramente finalizzata all’elusione delle misure di prevenzione all’indomani dell'inchiesta Borderland. Risulta inoltre sempre dalle dichiarazioni dei collaboratori - scrivono gli inquirenti - che “all’interno del Mops vi è una significativa attività di spaccio di stupefacenti".
Tali elementi risultano corroborati dalle intercettazioni non solo delle conversazioni del Gigliotta, ma altresì di quelle di D’Alessandro con il Gallo nel corso delle quali il militare riferiva al suo interlocutore in merito al contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori. Si evince pacificamente che il Gigliotta fosse il gestore di fatto del Mops e che all’interno del locale “si spacciava sostanza stupefacente". Il finanziere raccontava che che il pub MOPS non pagava proprio perché era dei Trapasso e che all’interno del locale si spacciava 1 kilo di sostanza stupefacente a settimana : “non pagavano perché il MOPS in società c’è il TRAPASSO ..... hai capito, un chilo a settimana inc... la dentro... ".
Dichiarazioni alle quali, ovviamente, dovranno seguire i riscontri necessari, trovandosi l’indagine ancora in una fase preliminare ben lontana da una sentenza a carico delle persone citate nelle carte e che avranno, nelle sedi opportune, la possibilità di difendersi per dimostrare la propria estraneità ai fatti.
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