di ENRICO FRATTO
Subito dopo la partita, una videochiamata con la madre, la nonna e il fratello. Così Matteo Berrettini festeggiava la vittoria contro Rublev, nella tarda serata di lunedì ora italiana, agli ottavi dello US Open, che gli garantiva il pass per i primi quarti di finale Yankee di un italiano, dai tempi di Barazzutti, nel lontano 1977. All’epoca si giocava a Forest Hills, non nella enorme cattedrale di Flushing Meadows, e i piedi calcavano una terra verdastra, non il cemento cui siamo abituati. Due giorni dopo, un’altra partita da antologia contro il francese Gael Monfils, in cinque set, per centrare una monumentale semifinale slam, dopo quella, poco più di un anno fa, di un altro azzurro, Cecchinato, al Roland Garros. L’ estasi del ragazzo di Roma ha toccato l’apice nella notte italiana di oggi, nella bolgia dell’Arthur Ashe stadium; dall’altro lato della rete, ad attenderlo, un totem della storia del tennis, Rafael Nadal.
Il primo set è stato serratissimo; Matteo ha scagliato ace per annullare le palle break concesse ad un avversario molto centrato, tenuto sempre il servizio e messo in campo un tennis consistente, ricco di soluzioni da primissimi posti della classifica mondiale. Resterà il rimpianto di quel 4-0 a suo favore nel tie-break, dei due set point mancati sul 6-4, ma il primo parziale di Berrettini, ieri, è la firma della sua straordinaria campagna americana. E non importa se ha perso, contro un fenomeno, questo torneo segna una svolta per il tennis italiano.
Matteo ormai è grande. Da lunedì sarà numero 13 del mondo. Berrettini rappresenta la delicata alchimia che fiorisce quando, intorno a un tennista, si costruisce un ambiente in grado di assorbire tutti gli incidenti che un percorso complesso, quello del tennis professionistico, è in grado di riservare, non perdendo mai di vista la via che porta a migliorarsi. Ma il gigante romano, in primis, è un “tennista per caso”.
In una intervista rilasciata a Repubblica, la mamma di Matteo ammette candidamente che, a suo figlio, il tennis, nemmeno interessava. A lui, da piccolo, piacevano il judo e il nuoto. E’ stato Jacopo, il fratello minore, anche lui tennista, a convincerlo a provare. A quindici anni, l’incontro con coach Vincenzo Santopadre, che, probabilmente, gli ha cambiato la vita per sempre.
Più di un allenatore, un secondo padre, che lo ha protetto dai riflettori in una fase delicata della sua crescita, mentre l’Italia del tennis riponeva altrove le sue speranze. Santopadre ha dichiarato di aver ponderato attentamente le tappe del percorso tennistico di Matteo, convinto che imparare ad essere un giocatore completo, con un bagaglio tecnico e umano sufficiente a essere tra i migliori del mondo, fosse più importante che scalare le classifiche giovanili. Matteo, dice, era una spugna, e assorbiva gli insegnamenti con una determinazione famelica.
Sono stati anni fondamentali per insegnare al suo allievo il valore della calma, fargli comprendere che il percorso di un tennista è a lungo termine e che accettarlo è l’unica strada per dare il giusto senso a vittorie e sconfitte. Così ha rimandato la partecipazione ai primi tornei, ha incubato il talento del giovanissimo Berrettini, gli ha concesso di maturare al riparo dalle pressioni mediatiche, fin quando è stato pronto a spiccare il volo. Un incontro fortunato, che ha permesso a Berrettini di crescere tennisticamente a casa sua, Roma, vivendo come un qualsiasi ragazzo della sua età, con i suoi genitori, rinforzato da un mondo di sicurezze affettive oltre che tecniche, cui, immancabilmente, Matteo dice di dovere ogni sua vittoria sul campo; Il segreto del suo successo.
Nonostante viaggi per il mondo per dieci mesi all'anno, le certezze di Berrettini non sono cambiate: tifa Fiorentina, ama il basket NBA e la carbonara. E l’Italia se lo gode. E il futuro? Nel futuro prossimo potrebbe esserci spazio per un altro risultato clamoroso, la qualificazione alle ATP Finals di novembre; servirà una parte finale di stagione all’altezza del suo US Open. E più in là, chissà, la top ten.
Le speranze azzurre sono tutte con lui.
Forza Berretto.
Ragazzo normale alla conquista del mondo.
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