Bilotti: “Che mi giova fuggir? Scontri apparenti tra antimafia e avvocatura”

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images Bilotti: “Che mi giova fuggir? Scontri apparenti tra antimafia e avvocatura”

  23 luglio 2023 22:43

di DOMENICO BILOTTI*

 

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Ha tenuto banco, ma il tempo di due giorni di titoloni (almeno all'attenzione collettiva), un apparentemente aspro e mai dirento confronto tra l'Unione calabrese delle Camere Penali, il principale profilo associativo degli avvocati penalisti, e la magistratura inquirente dei procedimenti di mafia.

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In queste considerazioni diremo (e dimostreremo) che di là dalle contingenze posizionali, e nonostante le drammatiche condizioni tanto di soggetti ingiustamente indagati, imputati e prevenuti, quanto delle vittime di reati cruenti, non c'è poi nel mezzo un oceano melmoso, ma la possibilità concreta di fare bene e migliorare l'amministrazione e la percezione della giustizia nella nostra regione. 
Il documento delle Camere penali ha fatto motivatamente riflettere su alcuni oggettivi disvalori sistematici. Ne dicono tanti, l'elenco può essere nutrito e copioso. Ecco, ma vista da fuori, vista da chi ha sacro rispetto della giustizia e profano sgomento dell'ingiustizia, due tematiche sembrano gravemente e maledettamente vere. Il primo consiste nell'utilizzo massiccio della custodia cautelare, istituto che ormai, e su tutto: non mafia, non Calabria, non procedimenti arrischiati, è diventato un triste campanello presuntivamente anticipatore di condanna.

Questo non va bene: nemmeno nelle teoresi per cui la carcerazione preventiva è neutralizzazione del singolo, e non esigenza di protezione, ci si può spingere a tanto. Non fare autocritica su ciò è criminale, travolgente di storie e persone. E l'altro appunto è parimenti incisivo: ci siamo abituati a una versione guardona e famelica della cronaca giudiziaria, come se apparecchiare il giure fuori dal procedimento e dentro lo schermo televisivo fosse la panacea di tutti i mali. Poche cose sono più intrusive di questo sputtanamento programmato: la stampa locale, soda e solida, sarà poco provvista sui dati processuali, ma non è il singolo giornalista a godere di questa macchina infernale. È voyeurismo ante e anti giurisdizionale. È appendere il capocollo al bastone della parete e caricare calci. Davvero su queste due infezioni avvolgenti la corolla antimafia e la corona liberal-garantista non hanno niente da comunicarsi? È tutto mafia o non mafia? Quello che la difesa e l'accusa, oltre che l'asset decisorio della giurisdizione tutto, dovrebbero reciprocamente riconoscersi sta in sé nei due estremi di una forchetta al cui interno tutti rischiamo di boccheggiare. 

Le professioni forense e le tecniche investigative hanno raggiunto nella nostra regione alcune non transitorie eccellenze anche perché sovraesposte a una costante e difficilissima pratica territoriale. 
Va però ammesso che esattamente in quelle (queste!, nostre) dinamiche di contesto le une scontano una deontologia che non riesce a farsi diffusa, a bandire ogni promiscuità. 

E le altre sono sovente più avvezze agli strumenti della prevenzione e della repressione che non all'inchiesta selettiva, d'analisi, chirurgica, perfettamente commisurata al solo fatto penale rilevabile. 

Sono fiducioso che non stia consumandosi l'ennesima polemica, ma un serrato confronto virtuoso che potrà trovare soluzioni e buone pratiche per arginare rispettivi sviamenti. Per tutti è complicato ammettere l'errore, soprattutto quando risalire la china ci educa alla risolutezza esteriore più che alla sopportazione interiore. Si vince però non con superuomini mondi, ma con persone che credono alla irripetibile possibilità di apprendere.

*Docente dell’Umg 

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