Black Money, la mano pesante del pm davanti alla Corte d'appello

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davanti alla Corte d'appello
La Corte D'Appello di Catanzaro
  06 giugno 2019 16:05

Ha chiesto pene  pesanti per sette dei dodici imputati ma soprattutto il  riconoscimento dell’associazione mafiosa esclusa dal Tribunale di Vibo in primo grado. E’ la richiesta formulata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Anna Marina Frustaci al termine della  requisitoria nel processo d’appello scaturito dall’operazione Black Money contro il clan Mancuso di Limbadi.

Le richieste del pubblico ministero   La pena più alta , 20 anni di reclusione e tre anni di libertà vigilata, sono state sollecitate  per Giovanni Mancuso, per  il fratello  Antonio, 81 anni,  e per il nipote Giuseppe, ritenuti esponenti apicali dell’omonima cosca operante in provincia di Vibo Valentia. Pene pesanti anche per Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, per il quale sono stati invocati 18 anni di carcere e tre anni di libertà vigilata; 16 anni e tre anni di libertà vigilata per Agostino Papaianni, Leonardo Cuppari e per l’imprenditore Antonino Castagna. Per tutti e sette è stata dunque chiesta la riforma del verdetto emesso in primo grado dai giudici del Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Chiesta invece la conferma delle condanne per gli altri imputati: Gaetano Muscia, (in primo grado condannato a 7 anni di reclusione); Damian Fialek, (in primo grado condannato a 3 anni); l’immobiliarista napoletano Antonio Velardo, (in primo grado condannato a 4 anni di reclusione); l’imprenditore Antonio Prestia, (in primo grado 5 anni e sei mesi di reclusione) e Nicola Angelo Castagna, (in primo grado estinzione dei reati per intervenuta prescrizione).

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Operazione “Black Money”.  L’inchiesta è scattata nel marzo del 2013 con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Nel troncone ordinario celebrato a Vibo Valentia non ha retto l’accusa di associazione mafiosa a carico dei vertici del clan Mancuso. Così in primo grado il Tribunale collegiale presieduto all’epoca dal giudice Vincenza Papagno ha condannato dodici imputati ridimensionando le richieste di pena invocate dal pm antimafia Marisa Manzini che ha originariamente coordinato la maxi inchiesta. Contro questa sentenza la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha quindi deciso di ricorre in Appello. Dopo la requisitoria del pm Frustaci, la discussione proseguirà con le arringhe degli avvocati della difesa. Prossima udienza in programma il prossimo 20 giugno.

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