Blitz nel Cosentino, sfondato un muro omertoso: clan "armati fino ai denti" (NOMI)

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La conferenza stampa in Procura
  09 maggio 2023 12:03

di FILIPPO COPPOLETTA

"Una giornata significativa" così l'ha definita il Sostituto Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, descrivendo il blitz avvenuto questa mattina nella provincia di Cosenza. Sono complessivamente 37 i soggetti indagati a vario titolo per associazione a delinquere di stampo mafioso ed associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, relativamente a due sodalizi operanti a San Lucido e a Paola.

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In particolare, 18 sono i soggetti finiti in carcere, 7 quelli agli arresti domiciliari, 9 i soggetti a cui è stato applicato l'obbligo di dimora nel comune di residenza ed obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, uno con divieto di dimora e due colpiti da divieto di esercitare l'attività di impresa.

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I NOMI

In carcere sono finiti: Andrea Alò; Gianluca Arlia; Luciano Bruno; Fabio Calabria; Giuseppe Calabria; Pietro Calabria; Salvatore Caruso; Michele Iannelli; Giuseppe La Rosa; Eugenio Logatto; Mario Maiolo; Marco Manfredi; Gabriele Molinaro; Roberto Porcaro; Andrea Tundis; Emanuele Tundis; Michele Tundis; Pamela Villecco. 

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Ai domiciliari si trovano invece: Raffaele Conforti; Paolo D'Amato; Giovanni Fiore; Giovanni Garofalo; Vincenzo Nesci; Cristian Vommaro; Francesco Serpa. Obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria per Gianluca Ambrosi; Andrea Santoro; Claudio Santoro; Alessandro Serpa; Eugenio Filippo; Albino Sammarco; Vincenzo Senatore; Giovanni Vattimo; Luca Marincola Vommaro. Divieto di dimora a Paola e San Lucido per Francesco Lenti. Interdizione dell’esercizio dell’attività imprenditoriale per Francesco Loizzo (già direttore sportivo della Paolana) e Sestino Vulnera. Altri nove sono indagati in stato di libertà.

L'INDAGINE

Un'ampia attività di indagine quella coordinata dalla DDA di Catanzaro coordinata dal Procuratore Nicola Gratteri, sviluppatasi grazie alle investigazioni condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza con l'ausilio di Squadre operative dei Cacciatori di Calabria e unità Cinofile, nonché con l'indispensabile apporto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e straordinariamente per il territorio oggetto del blitz, grazie altresì ai riscontri sul campo. 

 "Non risparmiavano nessuno", ha specificato ancora Capomolla spiegando che a finire sotto le grinfie del sodalizio sono state imprese che eseguivano lavori pubblici a San Lucido e in altri Comuni dell’hinterland paolano, come l'adeguamento di una scuola, la manutenzione delle strade, la realizzazione di un tratto della linea ferroviaria, o lavori privati. 

"Encomiabil i- ha sostenuto ancora Capomolla - l'attività e la tenacia dei Carabinieri che si sono dovuti misurare con l'atteggiamento non molto collaborativo delle vittime, per questo vogliamo incoraggiare un maggiore affidamento nelle attività delle forze dell’ordine, che - ha rimarcato il procuratore aggiunto - sono presenti sul territorio". Del resto la ferocia degli esponenti delle  due cosche, che potevano godere tra l'altro di una grande disponibilità di armi, era risaputa, al punto che i clan Tundis e Calabria hanno anche provato a espandersi oltre i confini del territorio da loro storicamente egemonizzato, forti anche – è stato riferito dagli inquirenti nella conferenza stampa - dei legami con la 'ndrangheta del capoluogo, Cosenza, in particolare con il clan retto dal presunto boss Francesco Patitucci e poi dal reggente Roberto Porcaro, che di recente ha deciso di collaborare con la Dda di Catanzaro e che è tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi eseguiti oggi: "Le cosche Tundis e Calabria hanno intrattenuto rapporti costanti e molto stretti con la cosca confederata di Cosenza che ha legittimato le loro attività", hanno infatti evidenziato gli investigatori.

Rapporti che si sono cementati soprattutto nel campo della droga e del traffico di sostanze stupefacenti, che i clan Tundis e Calabria gestivano avvalendosi di due associazioni "satelliti", la prima attiva a San Lucido e direttamente riconducibile ai due clan apicali e la seconda attiva a Paola. 

Nei confronti degli indagati è stata ritenuta la gravita indiziaria, per i delitti, in materia di armi, l'intestazione fittizia, abusivo esercizio del credito, estorsione, tentata e consumata, anche mediante danneggiamenti, ai danni sia aziende, piccole e grandi, di esercita commerciali e imprese del territorio, nei diversi settori economici e ai danni di imprese provenienti da altre aree geografiche ed impegnate in lavori pubblici. 

Oltre all'organizzazione criminale di stampo 'ndranghetistico, le indagini degli inquirenti hanno dunque riguardato due associazioni che operano nel traffico della droga nei territori del Cosentino, la prima radicata nel comune di San Lucido, organizzata sotto la cosca di ndrangheta locale, l'altra opera nel territorio di Paola con stretti collegamenti con gli esponenti di San Lucido, organizzata mediante una struttura di spacciatori operante per livelli, in un'intensa attività di commercializzazione della sostanza stupefacente di varia tipologia come cocaina, marijuana, hashish e con canali di approvvigionamento operanti anche nell'area di Gioia Tauro.

Due clan pericolosi e feroci, "legittimati" dalla 'ndrangheta di Cosenza, armati fino ai denti e capaci di imporre il pizzo a tutte le attività imprenditoriali che gravitavano in un vasto lembo sul Tirreno. A "fotografare" lo spessore criminale  delle cosche Tundis e Calabria, egemoni nel Paolano, in un'area che va da San Lucido fino alle porte di Amantea.

Oltre 200 i militari dell'Arma del Comando di Cosenza impegnati nell'operazione di questa mattina e guidati dal Comandante Provinciale Saverio Spoto, che ha inteso evidenziare il carattere di legittimazione di cui godevano le associazioni, tradotto in un canale privilegiato per l'approvvigionamento dello stupefacente, in particolare la marijuana per via della notevole capacità di coltivazione della stessa sulla costa.

Le difficoltà di penetrare in un territorio particolare chiuso, sono state altresì sottolineate dal Capitano Marco Pedullà, Comandante della Compagnia di Paola che ha descritto un'area particolare segnata dal fattore omertoso. 

"L’attività delle forze di polizia è spesso silente, sembra quasi non ci sia - ha spiegato Pedullà - ma il messaggio che vogliamo lanciare è quanto importante sia denunciare e segnalare subito" parole condivise anche dal Tenente Colonnello Dario Pini, Comandante del Reparto Operativo della Provincia di Cosenza che ha parlato di un "risultato rilevante raggiunto grazie a plurimi collaboratori di giustizia in un territorio difficile da aggredire che poco si presta a queste operazioni". 

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