Blitz Reggio Calabria, gli inquirenti: "Cointeressenze fra imprese e clan"

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Il Procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri
  11 ottobre 2023 14:07

Cointeressenze fra 'ndrangheta e imprese. E' quanto emergerebbe dall'inchiesta che stamane ha portato al sequestro di 11 imprese e all'arresto di 28 persone. Nel corso dell’incontro con i giornalisti, il questore di Reggio Calabria, Bruno Megale, ha evidenziato che nell’operazione “sono coinvolti imprenditori che erano funzionali agli interessi della cosca. La loro attività - ha sottolineato Megale - si era arricchita grazie alla cointeressenza con le organizzazioni mafiose, e per questo sono accusati di concorso esterno. Per questa fascia di imprese – ha proseguito il questore di Reggio Calabria - che si iscrive alla zona grigia, ve ne sono altre che hanno denunciato. L’operazione “dimostra l’attualità della cosca Libri e i suoi legami con le consorterie reggine, i De Stefano e i Tegano, attraverso legami attuali e contatti su tutto il territorio”.

Da parte sua, il Procura distrettuale Giovanni Bombardieri ha posto in evidenza “la necessità di dare continuità all’azione di contrasto alle organizzazioni mafiose. Oggi sono coinvolte persone che erano state condannate e che, uscite dal carcere, hanno ripreso le attività illecite che avevano lasciato, un riscontro investigativo che “dimostra la capacità delle cosche di rigenerarsi. Ci sono imprenditori che hanno denunciato e altri che si sono serviti dei legami con i clan per trarre vantaggi”. Infine per il Procuratore Bombardieri, “nella ‘ndrangheta reggina c’è una federazione, un'unione di intenti tra le cosche che sapevano che richieste plurime potevano portare le vittime all’esasperazione e a denunciare”.

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 Il capo della Squadra mobile, Alfonso Iadevaia, soffermandosi sulla struttura organizzativa dei Libri, ha detto che si tratta di una “cosca in piena espansione" che, per volontà del suo vertice, aveva introdotto una gestione consociativa delle estorsioni. Oggi quelli che più di tutti sono colpiti dal provvedimento (di sequestro ndr) – ha aggiunto Iadevaia - sono proprio quegli imprenditori che hanno avuto “sponsorizzazioni” della ‘ndrangheta per ottenere appalti, una scelta davvero perdente”.

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Anche un tentato omicidio fra reati contestati

C'è anche un tentato omicidio fra i reati contestati nell’inchiesta ‘Atto quarto’. L'episodio su cui le indagini hanno fatto, seppur parzialmente, luce risale al 17 maggio del 2017 ed avvenne a Reggio Calabria ai danni di Antonio Baggetta. Risultano indagati Edoardo Mangiola e Filippo Dotta, “che avrebbero avuto il compito di procurare ed occultare le armi ed il motociclo (poi rinvenuti e sequestrati dagli investigatori della Polizia di Stato) utilizzati per portare a compimento il delitto”.  L'indagine delinea la cosiddetta “politica delle alleanze” adottata dalla cosca Libri per reggere gli equilibri con i De Stefano-Tegano. L’indagine della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura distrettuale, ha ricostruito anche il ruolo di uno dei più fidati collaboratori di Antonio Libri, Giovanni Chirico, che in  veste di "ministro degli esteri" è stato delegato soprattutto a gestire i rapporti con gli esponenti della cosca Tegano, affiancato da Antonino Gullì, originario di Roccaforte del Greco, già esponente della cosca ‘Zavettieri’, egemone su quel territorio aspromontano, rivelatisi tra i più fidati luogotenenti di Antonio ‘Totò’ Libri, figlio del defunto boss Domenico Libri”.

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Gli inquirenti, ancora, con particolare riferimento agli accordi dei Libri con la cosca De Stefano-Tegano, affermano che “le interlocuzioni erano con gli esponenti apicali della stessa: Carmine De Stefano (figlio del defunto boss Paolo De Stefano, poi tratto in arresto nell’operazione Malefix), Michele Crudo e Mariano Tegano (figlio del boss Pasquale Tegano)”. Mangiola, durante lo stato di detenzione, è risultato attivo anche nel traffico di stupefacente, in particolare cocaina. Sfruttando, infatti, la possibilità di comunicare dal carcere attraverso un telefono abusivamente detenuto, incaricava il figlio Beniamino di recuperare circa 800 grammi di cocaina in un garage sito nel Nord Italia, che veniva poi commercializzata con l’aiuto degli indagati Sebastiano Di Mauro e Domenico Siclari.

Alla fase esecutiva dell’operazione  - è stato sottolineato durante la conferenza stampa - hanno fornito ausilio personale della S.I.SCO di Reggio Calabria, della Divisione Anticrimine e dei Commissariati distaccati, delle Squadre Mobili di Bologna, Brindisi, Catanzaro, Cuneo, Verbania, Verona e Udine, Crotone, Cosenza, Enna, Catania, Messina, Siracusa ed equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine di Calabria e Sicilia. 

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