di BRUNO GEMELLI
Una delle principali strade di Catanzaro, nel quartiere San Leonardo dove la sera si riuniscono i giovani per l’aperitivo, è intitolata ad Aldo Barbaro. Ma quanti di questi giovani sanno chi era Aldo Barbaro? Forse pochi.
In realtà il suo primo nome era Serafino, ma lui si faceva chiamare col secondo nome, Aldo appunto. Di lui sappiamo che nacque a Catanzaro il 2 gennaio 1922 e morì a Coassolo Torinese il 21 aprile 1944 all’età di appena 22 anni.
Conclusi gli studi al liceo “Petrarca” di Trieste, città nella quale i suoi si erano trasferiti, Aldo Barbaro aveva deciso di frequentare l’Accademia militare. Sottotenente nel 151° Reggimento della Divisione “Sassari”, nel febbraio del 1943 era stato mandato nei Balcani, inquadrato nel 52° Reggimento della Divisione “Cacciatori delle Alpi”. Rimpatriato subito dopo l’armistizio, il giovane ufficiale a metà settembre era già tra i partigiani della II Divisione d’assalto Garibaldi “Piemonte”, distinguendosi in numerose audaci azioni nelle Valli di Lanzo.
A Barbaro fu fatale la realizzazione di un piano per rifornire di armi le formazioni partigiane: con un gruppo di uomini in divisa da repubblichini era andato a dare il cambio alle guardie di un deposito d’armi. I partigiani non avevano destato sospetti ed erano riusciti ad entrare nell’edificio, dove avevano caricato di armi e munizioni un autocarro. Purtroppo furono intercettati poco dopo essersi allontanati dal deposito. Raggiunto da un proiettile, Barbaro, che era alla guida dell'automezzo, riuscì a mantenerne il controllo e a condurre l’automezzo sino ad una casa isolata presso Coassolo, dove i partigiani si disposero per la notte. Ma i nazifascisti avevano organizzato subito un rastrellamento nella zona. Sorpresi nel sonno i partigiani, grazie al loro comandante che li copriva, riuscirono a sganciarsi. Barbaro, dopo aver sparato sino all'ultimo colpo del suo mitra, fu catturato e immediatamente passato per le armi.
Nella motivazione della concessione della Medaglia d’oro al valor militare ad Aldo Barbaro si legge:
«Nei tragici avvenimenti seguiti all'armistizio fu tra i primi a costituire nuclei di patrioti, deciso a difendere a tutti i costi la dignità dell'Esercito. In otto mesi di durissima lotta contro il tedesco invasore, tenne viva la fiamma dell'onore e dell'amor di Patria. Inflisse sanguinose perdite al nemico in numerosi agguati ed attacchi, distrusse materiali ed impianti, contribuì largamente a rendere malsicure le sue comunicazioni. Concepì e mise in atto l'ardito piano di sostituire con patrioti in divisa la guardia di un magazzino militare, trafugandovi un autocarro pieno d'armi. Scoperto e ferito gravemente, contribuì a guidare l’autocarro fino a destinazione. Circondata la località ove aveva alloggiato per una notte, si attardava nel generoso tentativo di dare l'allarme ad un vicino gruppo di suoi compagni, ma sorpreso dal nemico impegnava combattimento con forze superiori, finché esaurite le munizioni del suo mitra veniva catturato. Alla richiesta di chi fosse il capo rispondeva fieramente con orgoglio di soldato: “Il comandante sono io”. Affrontava col sorriso sulle labbra il supremo sacrificio, sublime simbolo del valore militare italiano».
La toponomastica della città di Catanzaro pullula di nomi connotati da principi democratici, ovvero da intitolazioni di persone che hanno vissuto e patito dentro principi costituzionali.
Un esempio lo dette il primo sindaco di Catanzaro dell’Italia “libera”. Che fu l’avvocato Giovanni Correale Santacroce, nominato primo cittadino dagli Alleati ancor prima che si varasse il nuovo assetto costituzionale.
In realtà Correale Santacroce non era proprio catanzarese, era di Siderno, me era professionalmente catanzarese perché nella città dei Tre Colli esercitava la professione giuridica. Gli Alleati lo attribuirono in quota socialista perché questo era l’orientamento politico del giovane avvocato calabrese.
Il primo atto formale che fece il sindaco Giovanni Correale Santacroce fu quello di disporre una delibera con la quale la grande piazza di “Fora ‘e porta” fosse intitolata a Giacomo Matteotti, martire socialista, sostituendo così il vecchio nome “Piazza Indipendenza” (da via Indipendenza, che tutt’oggi ne è il principale ingresso). In quella piazza era collocata la statua del generale Stocco che poi fu trasferita davanti all’Ospedale militare, oggi sede della Procura della Repubblica.
Sicché, da allora, la toponomastica “democratica” fece il suo ingresso in quello che sarebbe diventato, qualche decennio dopo, il capoluogo di Regione.
Tante strade di Catanzaro, in epoche diverse, sono state intitolate ai martiri della democrazia. Come Giovanni Vercillo, Aldo Barbaro, Ettore Arena e Antonio Broussard. Quest’ultimo, italianissimo nonostante il cognome francese, in realtà nacque a Mongiana, tra le montagne delle Serre. Nominato soldato scelto, Antonio Broussard, venne assegnato al plotone collegamenti della compagnia comando del I battaglione che operava in Albania Nel generoso tentativo di proteggere il proprio ufficiale ferito fu, a sua volta, ferito mortalmente il 18 novembre 1940, morendo, tre giorni dopo, nell’Ospedale di Tirana. Gli venne assegnata la medaglia d’oro alla memoria. E Catanzaro volle intitolargli una strada.
Giovanni Vercillo, che era referendario alla Corte dei Conti di Roma, è uno dei cinque calabresi uccisi dai nazisti il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine.
Di Aldo Barbaro abbiamo detto. Ed ancora: il catanzarese Ettore Arena, anch’egli militare e partigiano, catturato adi tedeschi a Venezia fu arrestato con altri membri della sua formazione e un mese dopo fu processato da un tribunale di guerra. Condannato a morte con altri coimputati, il giovane fu fucilato con loro a Forte Bravetta di Roma.
C’è poi il medagliere risorgimentale, in cui si riconoscono le figure del generale Francesco Stocco di Decollatura, Del patriota Raffaele Piccoli di Castagna di Carlopoli e del prefetto Damiano Assanti di Catanzaro, e il medagliere della Prima Guerra Mondiale con le figure di Azaria Tedeschi di Serra San Bruno, Elvidio Borelli di Nicastro ed Ercolino Scalfaro di Catanzaro.
La 64ª Divisione fanteria “Catanzaro” fu una grande unità di fanteria del Regio Esercito, attiva nel corso della prima guerra mondiale a livello di brigata con la denominazione di Brigata ”Catanzaro”. Ebbe una medaglia d’oro e una di argento alla bandiera e, individuali, 3 medaglie d’oro, 152 d’argento e 204 di bronzo. Le perdite della “Brigata Catanzaro” furono: 2.468 morti, 12.867 feriti e 2.203 dispersi.
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