di GIANPIERO TAVERNITI
Quando riscopri perle nella Calabria, in una domenica antecedente al secondo lock down, apprezzando le positività delle ricchezze storiche, domenica che spinge appassionati, studiosi e turisti, di una terra da visitare lentamente, viste le tante stazioni culturali dove fermarsi, per apprezzarne il dignitoso spessore artistico, culturale e storico. Una scelta di ritornare nella ricca e affascinate area grecanica, arrivando nel territorio di CONDOFURI, nella città metropolitana di Reggio Calabria.
Percorriamo la S.S.106 JONICA, svoltiamo in direzione Condofuri, costeggiando la fiumara Amendolea, fiumara da l’enorme letto, un tempo parzialmente navigabile, che agevolava commerci nell’entroterra grecanico, solo per ingolosirci un pò non possiamo non deliziarvi di spettacoli naturali nella nostra risalita verso il castello dei Ruffo ad Amendolea.
La fiumara Amendolea
OLTREPASSIAMO il compatto centro storico di Amendolea ed imbocchiamo una stradina irta e stretta appena sufficiente per il normale transito di un autovettura, stradina in cemento, pulita e che ha qualche piccolo slarghetto laterale nel caso in cui si incontrino due auto . Arrivati in cima, osserviamo spettacoli mozzafiato, sulla destra osserviamo la fortezza del Castello di Amendolea mentre sulla sinistra un tris di ruderi di chiesette, sulla quale spicca, rintoccando di storia cultural-storico e artistica, nella sua bellezza il campanile della Chiesa di S.Sebastiano, che delizia prima dell’approfondita visita al castello. Ruderi che dovrebbero risalire intorno al XII sec, sono visibili i ruderi delle pareti absidali, con tracce di affreschi semidistrutti. Addossato s’innalza il campanile a tre ordini con cuspide e con il tetto terminale esagonale a punta.
Chiesa di S. Sebastiano
Non apprezziamo segnaletica e pannelli illustrativi del castello, solo un paio di cartelli datati all’ingresso e accediamo alla fortezza per mezzo di una scalinata, tenuta discretamente, ma che meriterebbe un numero maggiore di passamano protettivi per la salita. Castello che potrebbe avere delle origini bizantine, viste anche la presenza dei ruderi della chiesette circostanti, leggendo relazioni di studiosi e archeologici che hanno attenzionato questa fortezza, si rileva che anche questo castello fu coinvolto nell’opera di smantellamento che Federico II di Svevia aveva ordinato nel 1230, in seguito ha subito anche qualche ristrutturazione o consolidamento, ma nel 1624 con l’acquisto del feudo da parte dei Ruffo, si certifica al proprietà fino al 1806. Del castello oggi rimangono pochi resti: le mura di perimetro, una torre e quella che un tempo doveva essere una cappella in cui i circa 300 abitanti del castello si recavano a pregare. Nel passato due terremoti, quelli del 1793 e quelli del 1908, ne hanno procurato qualche crepa alle mura portanti e di cinta dello stesso.
Una perla da lucidare, rendere più sicura nell’accesso, cercando di pubblicizzarlo di più ed inserendolo in location di eventi e di mete sportive turistiche. Domina dall’alto la valle dell’Amendolea, rafforzando la storia nella sua esistenza e negli interventi di tutela strutturali fatti in passato con fondi europei, doverosi e realizzati in tempo prima di assistere alla trasformazione e alla perdita d’identità, diventando un inutile e anonimo rudere. Visitarlo è una leggera avventura, vista la stradina carraia che ci conduce alla fortezza, ma vale la pena percorrerla e farla percorrere sempre a più turisti, studiosi ed appassionati, che in questa domenica, hanno cercato la visita di questa fortezza, insieme a noi.
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