"Calabria, terra ammalata di Malamore"

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Franco Cimino
  19 dicembre 2019 10:36

Il terremoto giudiziario che ha scosso la Calabria attraverso tutte le sue vie più accreditate del potere(quella politica, quella imprenditoriale e, addirittura, quella giudiziaria), che hanno coinvolto politici, imprenditori e, addirittura, magistrati, non ha smosso di un millimetro quella politica. Questa, prima di qualsiasi altro campo, porta la responsabilità del progressivo degrado, che, investendo tutti i campi dell’agire umano, sta accompagnando la Calabria nel baratro più profondo.

Non ho voluto sapere, soprattutto attraverso i videogiornali, se l’ultimo intervento delle Forze dell’Ordine, esecutivo di provvedimenti cautelari nei confronti di amministratori e funzionari del comune di Villa San Giovanni, sia stato eseguito, come da primissime voci, all’interno degli uffici comunali e, addirittura, nella sala consiliare durante lo svolgimento dell’ultima seduta del Consiglio. So, però, fatte salve le solite affermazioni sulla presunzione di innocenza degli accusati, che anch’io pubblicamente faccio mie, che la nostra terra è quasi prosciugata di ogni energia, specialmente , quella della fiducia e della speranza. So pure che, quando in una società la questione morale va avanti senza soluzione di continuità, la fase emergenziale prolungata genera una vera e propria rottura del patto sociale su cui si regge la tenuta della stessa democrazia.

“E cosa vuoi che sia la democrazia in una piccola e poco importante regione, come la nostra? “ Questa potrebbe essere, e di certo lo è, la contestazione mossa da coloro i quali si appellano sempre alla priorità assoluta di problemi atavici, quali il lavoro, la povertà, le infrastrutture carenti, per tacciare di moralismo un allarme come quello che da anni io stesso vado lanciando. Ma quando l’unica autorità, che sembra attiva a tutto campo, in quel territorio, è la Magistratura con tutte le forze inquirenti, che agisce, in forza della legge, nei confronti di altri livelli di rappresentanza istituzionale, vuol dire che il problema è più che una vecchia questione limitata al solo ambito morale o politico. Anzi, quel problema è stato già risolto in dramma della nullità di forze sane oppositrici al male. In dramma di mancanza di quelle energie vitali capaci di abbattere il marcio per affermare il buono, il giusto e il bello. Ovvero, almeno, il necessario per tenere in vita una società che non voglia dissolversi nella smarrimento di ogni valore e nella perdita anche della memoria di sé.

La vergognosa situazione in cui le vecchie forze politiche stanno mantenendo la Calabria, che solo tra un mese, quindi tardivamente, è chiamata a rinnovare i suoi organi politici regionali, lo conferma dolorosamente. Dopo le velenose fratture nei partiti, nessuno escluso, gli insulti dentro gli stessi schieramenti e tra le persone, il meschino gioco delle parti, gli opportunismi, i tradimenti di tutti e di ciascuno contro tutti e ciascuno, ancora abbiamo una sinistra che fa tatticismi intorno alla ricerca di unità su un terzo nome di garanzia. E ancora, un Cinque Stelle che lascia a meno di duemila iscritti sul web di decidere, per la sola differenza di pochi voti, il candidato presidente, per poi ricevere il suo capo politico, che è anche il Ministro degli Esteri della Repubblica italiana,non dimentichiamolo, in un auditorium piccolo e mezzo vuoto. E ancora ancora, se così posso dire, abbiamo un centrodestra che, a soli pochi giorni dalla scadenza, non decide il proprio candidato alla presidenza nonostante i sondaggi lo diano largamente vincente. Siamo costretti ad assistere a un vero teatro della vergogna, forse mai vistosi in nessuna parte d’Italia, senza che nessuno, dal sistema dell’informazione al mondo del lavoro e della cultura, laica e religiosa che sia, alzi un grido di indignazione. Non di protesta o di lotta, che sarebbe molto, ma almeno solo di rabbia e di indignazione. L’aria è ammorbata da indifferenza e ignoranza, la più irrespirabile e dannosa. Per le strade si vedono soltanto, con i telefonini attaccati al collo piegato sulla spalla, decine di candidati che, con i codazzi alla schiena, cercano voti, a destra e a manca, senza comunicare neppure l’area elettorale dove anche presumibilmente si candideranno. I voti solo i voti cercano quei candidati che si sentono già proprietari di un pacchetto di consensi racimolato in anni di clientelismo e di cura dei povericristi che, ridotti da costoro, al bisogno più estremo, ancora ad essi si rivolgono nella speranza di ottenere quel vecchio favore da tante “ votazioni” atteso. La Calabria che andrà a votare si ridurrà a un misero cinquanta per cento, forse meno. Il novanta per cento di questo è costituito dalla folla del bisogno “ accattonevole”. Gli altri, quelli che avrebbero potuto sollecitare il cambiamento o stimolare candidature “ libere”, non andranno a votare, fermi al palo della stessa indifferenza generale. O, peggio, della disperazione inattiva. Come quella ammalata del primo dopoguerra, la Calabria torna ad essere colpita di una nuova malaria, il “malamore” , la malattia più grave che colpisce un popolo che si abbandona al destino segnato dagli altri, quasi sempre i “ forestieri” con i servili cortigiani locali. La storia di sta ripetendo. Ma solo per noi. Ed è proprio una storia brutta.

                         

                                                                                                                                                                                                                 Franco Cimino


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