di EMANUELE CANNISTRA'
In questi giorni, mentre sfoglio i giornali, mi sembra di sentire un’eco di frasi come: “abbiamo scherzato.” È un’amara battuta che fa ancora più male se si pensa alle persone oneste che sono state messe alla berlina, derise e offese nella loro dignità. Uomini e donne che hanno segnato la storia politica della Calabria, medici che hanno rispettato il giuramento di Ippocrate e che, invece di ricevere il rispetto che meritano, sono stati travolti da un processo mediatico spietato e spesso ingiusto, alimentato da chi – forse più frustrato che realmente motivato da un senso di giustizia – ha dimenticato il principio della presunzione di innocenza.
A queste persone, oggi magari assolte o completamente scagionate, chi restituirà l’onore perduto? Dove sono finiti i titoli a caratteri cubitali che li avevano messi in prima pagina all’arrivo dell’avviso di garanzia? Le televisioni, che all’epoca inseguivano la notizia con insistenza, oggi tacciono. Le assoluzioni, si sa, non fanno notizia. Ma è giusto rendere pubblici i nomi degli indagati prima che le indagini siano concluse? L’avviso di garanzia dovrebbe proteggere l’indagato, non esporlo al giudizio del pubblico ancor prima di quello dei tribunali. E allora, chi pagherà per i danni morali, professionali e umani? Nessuno. Forse è arrivato il momento di riflettere seriamente su come vengono gestite le fasi preliminari dei procedimenti giudiziari. Abbiamo bisogno di più riservatezza, più responsabilità e, soprattutto, di un maggiore rispetto per la persona.
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