"Da parte nostra, nessun assenso alla spartizione e nessuno alla ricerca di prebende. Nessuno di noi ha chiesto niente, se non di rispettare la prassi democratica, da tempo consolidatasi in moltissime assemblee regionali, di assegnare alla minoranza la presidenza della Commissione Vigilanza: per il semplice fatto che, in un consesso democratico, non è istituzionalmente opportuno che la maggioranza vigili su sé stessa".
E' quanto hanno affermato il capogruppo del Pd alla Regione Domenico Bevacqua. e i consiglieri regionali Carlo Guccione, Nicola Irto, Libero Notarangelo e Luigi Tassone nel corso di una conferenza stampa convocata via Skype per "fare chiarezza" su quanto accaduto nel corso della seduta di ieri del Consiglio regionale.
"Quello che è successo nella mattinata di ieri - hanno sostenuto i consiglieri dem in un comunicato del gruppo - ha dimostrato il vero volto di questa maggioranza. La vicenda delle Commissioni conferma che nella maggioranza regna uno stato permanente di duello all'arma bianca. La giornata di ieri ha confermato che una maggioranza politica non esiste: esistono venti consiglieri che giocano ognuno per sé stesso e, se raggiungono i singoli obiettivi e avanza tempo, forse si ricordano pure che esiste la Calabria. Non sono bastati quattro mesi di battaglie interne e la creazione di una nuova Commissione per garantire una poltrona in più: ieri si sono superati, giungendo all'incredibile rinvio di 8 ore di una seduta consiliare nella quale poco è mancato che arrivassero ancora con gli elmetti in testa". Per il Pd ha "si è dinanzi ad un 'clamoroso errore e si ricorrerà al Tar per chiedere una formale marcia indietro al presidente del Consiglio ed alla maggioranza governativa. Non vogliono essere controllati? La verità è che si è assistito ad un processo antidemocratico e questo rappresenta un segnale evidente che si vuole svuotare di prerogative l'intero Consiglio".
"Questione diversa, ma di certo non meno grave - è detto nel comunicato - quanto avvenuto in relazione alla Commissione Anti 'ndrangheta. Sappiamo che è intervenuta personalmente la Meloni per costringere i suoi a rifiutarla. Se la minoranza avesse accettato, saremmo passati per quelli che, pur di racimolare qualche postazione, sarebbero stati disposti a mettere un tappo alle contraddizioni dirompenti tutte interne alla maggioranza". "Il presidente del Consiglio - riporta ancora il comunicato - si è rivelato un mero esecutore delle decisioni della maggioranza. Ma il suo ruolo non è e non dovrebbe essere questo. La maggioranza si è rivelata per quella che è: un coacervo confuso che non è in grado di governare una regione come la Calabria".
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