Appello al mondo dell'avvocatura e dell'informazione
14 giugno 2020 18:24di NUNZIO RAIMONDI*
Se l’innocente potesse parlare, se potesse arrivare alle latitudini mediatiche l’urlo nella notte dei carcerati, ci si potrebbe accorgere della tragedia della carcerazione preventiva. La voce di chi, senza processo, viene aggredito e dileggiato, esposto, con operazioni mediatiche costruite ad arte, al pubblico ludibrio, una vera indecenza civile!
Di fronte a questo scempio l’Avvocatura dovrebbe saper dare voce a chi non ha voce; ed invece rimane perlopiù impassibile,al massimo si esprime prudentemente con comunicati dal tono diplomatico, abdicando di fatto alla propria funzione di tutela dei diritti dei cittadini.
Quello che vediamo è orripilante! Nessun rispetto per la presunzione di non colpevolezza, una complicità aberrante fra ambienti giudiziari ed ambienti mediatici.
Rivendico il diritto di manifestare il mio pensiero (qualunque cosa si pensi dai miei detrattori, perché la mia coscienza è limpida) e dico apertamente e, senza infingimenti: uomini e donne dell’informazione, ascoltate la voce di chi non ha voce, non voltate le spalle all’innocente!
Cessate questa inqualificabile grancassa a semplici ipotesi accusatorie che nulla hanno a che vedere con le sentenze.
Qualunque sia il motivo per il quale lo fate -lo dico anche ai politici giustizialisti che sorgono oggigiorno come funghi e che fanno,a dire il vero,anche un po’ pena- ricordatevi che un Paese che non professa la fiducia nei giudici ,che emette “sentenze” nei confronti di chi non può difendersi in una fase in cui il presunto non colpevole è imbavagliato ed ammutolito, è un Paese incivile.
E ciò non soltanto perché nessuno può ergersi a giudice del prossimo (sopratutto in un sistema articolato in due gradi di merito ed uno di legittimità,proprio per garantirsi quanto più è possibile immune da errori),ma sopratutto perché alcuni deliri monologanti esprimono un’inattitudine al confronto,all’ascolto delle ragioni dell’altro,facendo morire il dialogo e,con esso,la democrazia.
Ricordo a tutti che il nostro processo penale democratico italiano, rinato nel 1988 dalle ceneri dell’autoritarismo penale, si muove attraverso la luce dirompente della Costituzione.
E la visione carcerocentrica che, senza distinzioni di sorta, vede la pena definitiva soltanto come espiazione, esprime una nozione che è fuori dalla nostra Costituzione. È inutile che dica, allora, della pena preventiva....
Ma ciò che più mi sorprende e mi addolora è questo silenzio degli innocenti, un silenzio impaurito ed atterrito da questa valanga giustizialista, assecondata e non adeguatamente contrastata da chi ha scelto la difficile via del controcanto, espressione di giustizia e libertà, della denunzia delle patenti violazioni dei diritti.
L’ho detto subito: ma quali maratone oratorie fermeranno questa nuova deriva autoritaria? Bisogna che gli Avvocati, come è avvenuto in altri momenti della nostra storia, rialzino la testa e sappiano prendere pubblicamente le distanze, con iniziative forti, da questa serpeggiante e non più sotterranea intimidazione. L’Avvocatura, infatti, trae dalla propria indipendenza la forza e l’autorevolezza necessaria per dar voce a chi non ha voce.Se non ora, allora, quando?
*Avvocato
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