Carcere di Catanzaro, è ancora violenza: aggrediti due agenti della Polizia penitenziaria

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  11 maggio 2022 13:42

di EDOARDO CORASANITI

Non bastano le note di protesta, la solidarietà della politica e le manifestazioni unitarie dei sindacati di tre mesi fa. La violenza ritorna nel carcere di Catanzaro: lunedì scorso due agenti della Polizia penitenziaria sono stati aggrediti da un detenuto dell'istituto penitenziario del capoluogo. L'episodio si è materializzato nel reparto Media-Sicurezza, uno dei più "caldi" e difficili dell'intera struttura. A finire in ospedale due agenti: uno è stato schiaffeggiato, l'altro si è beccato una testata. I medici del Pronto soccorso gli hanno riconosciuto una prognosi di sette giorni.  

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L'aggressione di due giorni fa rimette in circolo la memoria su quanto accaduto ad inizio febbraio, quando alcuni tra i detenuti dell'istituto penitenziario "Ugo Caridi" di Catanzaro (circa 50) hanno occupato un intero piano del carcere e quattro uomini della Polizia penitenziaria sono rimasti contusi. A far scattare il parapiglia un detenuto con problemi psichiatrici già riconosciuti. 

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Immediata la reazione solidale di partiti e politici, un fuoco di paglia. I sindacati  SAPPe, OSAPP, UILPA, SINAPPe, FNS, CISL USPP, CGIL, CNPP hanno manifestato davanti al carcere per chiedere maggiori tutele per i 335 membri della penitenziaria che devono rapportarsi con i 660 detenuti tutti i giorni. il grande tema è la gestione dei reclusi con problemi di natura psichiatrica, circa 80 su 7 posti disponibili. Con la chiusura degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), sono state istituite le REMS (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), ma i posti non sono sufficienti e, spesso, anche gli internati (coloro che dovrebbero essere sottoposti a misure di sicurezza) continuano a restare in carcere.  Il sistema sanitario nazionale non se occupa e così vengono lasciati alle cure degli agenti che molte volte non hanno una preparazione sanitaria idonea. Mentre i medici competenti sono pochissimi e non possono coprire l'intero arco temporale della giornata. 

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Il carcere di Catanzaro non soffre di sovraffollamento. Seguendo le tabelle del ministero, su 685 posti a disposizione gli ospiti sono 665. In pesante carenza sono gli agenti di polizia penitenziaria: su 470 uomini ne lavorano solo 336. Un altro ruolo fondamentale sarebbe ricoperto dagli educatori. Su 9, se ne contano 5. Questo (a livello nazionale e non solo a Catanzaro) incide pesantemente sulle possibilità di intraprendere percorsi virtuosi per i detenuti, spesso lasciati nelle celle per ore e ore, senza alcun progetto di riabilitazione. Una responsabilità che non ha un nome, ma è sintomatico di un meccanismo nazionale carcerario ormai inadatto. E poi accade quello le cronache si sforzano a raccontare: nel 2021 a Catanzaro il taccuino segna 507 casi di autolesionismo, 3 decessi per cause naturali, 1 suicidio (54 in Italia), 25 tentativi di suicidio,142 colluttazioni, 14 ferimenti. Un disastro, dipinto sulla tela del sistema 'carcerocentrico' italiano, fatto di punizioni e vendette, di sbarre e violenza. La misura è colma, e prima o poi bisognerà intervenire per ridurre drasticamente la popolazione carceraria, a partire da chi soggiorna in carcere senza una sentenza definitiva o per reati minori. Per offrire un percorso riabilitativo ai detenuti e per garantire una vita normale agli agenti della Polizia penitenziaria, una categoria professionale che in dieci anni ha registrato 78 suicidi. 

 

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