di CARLO CALLEGARI
Stiamo imparando che il panico è una brusca oscillazione da un ordinario equilibrio a forme di emotività incontrollata per il timore di un evento ritenuto nocivo, soverchiante ogni nostra possibilità di prevenirlo e restarne immuni. Per di più esso si espande incontenibilmente nello spazio e si perpetua indefinitamente nel tempo, se a provocarlo è un pericolo epidemico globalizzato, che, mettendo a nudo sorprendenti fragilità sistemiche, insinua il dubbio nelle insospettabili certezze delle nostre società, invero tanto più vulnerabili quanto più tecnologizzate.
Epidemia significa che il male indugia invisibile tra di noi; virus che il male prospera dentro di noi. Ci si trova così dilaniati tra la necessità della rischiosa vita associata e l'illusoria salvezza nell’autoisolamento forzato. La potenza dell’irrazionale panico è inversamente proporzionale alla razionale fiducia nei nostri stili di vita personali e comunitari e negli istituti politici e sociali che ne garantiscono e ne rendono possibile il regolare, fruttuoso svolgimento. Quindi, non senza effetti nefasti si coltiva da troppo tempo l’arroganza dell’autosufficienza individuale ed etnica(sic!), fino al punto da riprodurre i presupposti culturali e politici che in un recente passato causarono una rottura di civiltà. Se in un mondo di fatto unificato dai comuni problemi, bisognoso perciò di interazione e integrazione delle diverse civiltà, prevalgono invece intolleranza, egoismo, odio e violenza, inesorabilmente sfiducia, insicurezza e paura inaridiscono le fonti delle risorse morali e intellettuali dello spirito umano.
In un rapporto dell’Economist 2019 sullo stato della democrazia nel mondo, basato sui parametri elaborati da due istituti di ricerca non-governativi: Freedom House e World Justice Project, l’Italia occupa il 35° posto nella fascia delle democrazie imperfette. Difettiamo in: funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura democratica, libertà civili, assenza di corruzione, rispetto delle norme penali e amministrative, giustizia civile e giustizia penale. Per germinazione spontanea l'ignoranza della nostra storia e l'affievolirsi della coscienza civile hanno favorito l'ascesa al potere di avventurieri politici, che fanno scempio delle nostre istituzioni, come appare più evidente nel tempo delle difficoltà.
La disposizione al panico corrisponde al grado di deterioramento delle nostre istituzioni, che i cittadini vivono come la rinuncia dello Stato a tutelarsi, che li espone in tal modo alla sindrome dell’abbandono.
*Partito animalista Italiano
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