Un appello. Un vero e proprio appello affinchè le Procure e le Prefetture vigilino sulla effettiva procedura relativa al protocollo d’intesa a tutela delle vittime del racket voluto dall’allora procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, oggi procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho. Affinchè ogni anello della catena si incastri alla perfezione non lasciando buchi nella circolarità delle informazioni.
Perché oggi la paura di Carlo Piroso, presidente di Assimea, Associazione di imprese italiana, che conta centinai di iscritti, è che gli effetti del Covid 19 si tramutino in “morti economiche”.
“Quel protocollo - ricorda Piroso - fu una grande intuizione e un grande segnale di ulteriore tutela da parte dello Stato verso chi avrebbe deciso di collaborare nella lotta contro le mafie ed in particolare contro il racket delle estorsioni e dell’usura”. Fosse solo per la dilazione di 300 giorni per i pagamenti dei debiti e della sospensione delle procedure esecutive, anche per quelle delle banche e delle finanziarie, che consentiva a chi era oppresso da fenomeni estorsivi una maggiore tranquillità.
"Sulla scia delle leggi n 44/del ‘99 e 241/del 1990 , l’allora procuratore della Repubblica di Reggio Calabria ed oggi procuratore nazionale Antimafia ed Antiterrorismo I Federico Cafiero de Raho , in collaborazione con la Prefettura di Reggio Calabria , siglava il primo protocollo d’intesa a tutela delle vittime del Racket - ricorda Piroso - Fu lo stesso procuratore a spiegarne lo spirito e l’occasione che ne avevano suggerito la nascita . Tutto era nato dalla mancata conoscenza ,di “alcuni creditori” , della denuncia di una vittima del racket “ alla quale Equitalia e l’agenzia delle entrate avevano aggredito il patrimonio e solo dopo , scoprendo la denuncia avevano deciso di rivolgersi a noi perché non ne sapevano nulla, da lì è nata l’esigenza di informare tutti gli enti interessati , perché ci siamo resi conto che mancava la comunicazione. Fu una grande intuizione ed un grande segnale, per l’intera nazione, di ulteriore TUTELA da parte dello Stato verso chi avrebbe deciso di collaborare nella lotta contro le mafie ed in particolare contro il racket delle estorsioni e dell’ usura . Nel marzo del 2015 a seguito dell’impegno del Prefetto di Catanzaro Dott.ssa Luisa Latella , anche , le Prefetture di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, l’INPS , l’Agenzia delle entrate ed Equitalia sottoscrissero una ulteriore intesa per poter stare al fianco di Tutte le vittime dei crimini suddetti. Il Prefetto - spiega Piroso - ebbe a dire “ ricreiamo a Catanzaro il modello Reggio con l’ulteriore inserimento dell’INPS, si tratta di una dilazione di 300 giorni per i pagamenti dei debiti con i suddetti enti e di una sospensione delle procedure esecutive, anche per quelle delle banche e delle finanziarie , che consentirà a chi è oppresso da fenomeni estorsivi una maggiore tranquillità" . Il 10/06/2015 anche L’ ABI ( associazione bancaria italiana ) firmò l’intesa, finalizzata alla circolarità delle informazioni relative, alla sospensione dei termini in favore delle vittime di richieste estorsive e di usura , anche alle banche , di volta in volta interessate, tramite l’Abi regionale . Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro dott. Vincenzo Lombardo dichiaro’ che “ anche l’ABI si sarebbe impegnata perché l’interscambio di informazioni fosse immediato e diretto". Il Presidente dell’ ABI Calabria , dott. Giuseppe Minervino sottolineando l’importanza di questo nuovo impegno disse “ il fenomeno estorsivo in Calabria è grave e l’intesa rappresenta un inizio . L’ ABI , per quanto potrà , metterà a disposizione massima disponibilità ,come anello di congiunzione con le numerose banche del territorio".
Ma spiega Piroso “è dei nostri giorni, la denuncia autorevole del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, e di tante associazioni, sui rischi che le difficoltà economiche causate dalla pandemia e dalle chiusure obbligatorie delle attività possano far esplodere con forza il fenomeno criminale dell’usura. La giusta preoccupazione espressa dal procuratore, evidenzia come ai ritardi nell’erogazione degli aiuti dello Stato possano corrispondere la prontezza e l’efficacia di un intervento economico della criminalità organizzata, attraverso il prestito usuraio”.
E allora Assimea Calabria non può non segnalare “quella che sembrerebbe essere stata una “dimenticanza” all’interno dei protocolli d’intesa, ossia l’assenza della comunicazione alla Centrale rischi e la conseguenziale sospensione dell’iscrizione stessa in Crif a carico degli imprenditori vittime”.
Piroso spiega che “in caso di vittime di usura, le difficoltà economiche ed i debiti per i quali si dovrebbero applicare le sospensioni e le proroghe di pagamento si debbano riferire all’intero periodo della manifestazione del crimine, mentre per le vittime di estorsione, il periodo da considerare dovrebbe essere valutato tra l’evento estorsivo e la ripresa della normale attività imprenditoriale”.
Se la vittima dovesse aver subito un evento tale da fermarne l’attività economica, “i benefici della sospensione per 300 giorni si dovranno riferire ai debiti contratti fino a tale data e per le procedure esecutive a quelle che dopo tale data si dovessero verificare”.
Dunque l’alto profilo etico morale di sostegno alle vittime dell’intento dei protocolli, associato al “Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste dell’estorsione e dell’usura” istituito presso il Ministero dell’interno, secondo Carlo Piroso “non può essere sminuito da una dimenticanza e/o da una mancata collaborazione di uno dei sottoscrittori. Si ritiene - scrive infatti Piroso - che il massimo intento dell’intervento degli organi statali sia quello di consentire la regolare ripresa delle attività, assicurando alla giustizia, contestualmente, i criminali. Se ad esempio l’attività estorsiva si manifestasse nell’incendio della struttura nella quale viene esercitata l’impresa, cosa dovrebbe accadere nel periodo tra l’incendio e la ripresa dell’attività? La vittima avrà fatto la sua denuncia presso le autorità competenti, la Procura avrà fatto il suo lavoro, la vittima avrà tentato di far ripartire la sua attività e appena conclusa l’attività della Procura farà la richiesta di accesso al fondo di solidarietà. Nel frattempo Inps, Agenzia delle Entrate, Equitalia ed ABI si presume che avranno svolto la loro funzione, sospendendo ogni loro pretesa economica per almeno 300 giorni, interrompendo le procedure esecutive ed inoltre favorendo “la circolarità delle informazioni”.
Ed è proprio sulla circolarità delle informazioni che Piroso punta il dito.
“In tutti i casi si spera sempre che la vittima possa, dopo la denuncia, ripartire al più presto riprendendo la normale attività di impresa. Ma chi comunica cosa e a chi? Sappiamo che coloro che non adempiono alle obbligazioni economiche con banche e finanziarie vengono iscritti alla Centrale rischi, in Crif. Sappiamo - aggiunge Piroso - anche che tale iscrizione risulta essere pregiudizievole ai fini di nuove richieste di prestiti e mutui di ogni genere, addirittura tale iscrizione oggi rende impossibile percepire gli attuali aiuti statali a seguito del Covid. Nei protocolli si parla di procedure esecutive e di “informazioni immediate e dirette” oltre alla naturale circolarità delle stesse quale elemento determinante dell’intesa”. Ecco perché “crediamo che tanto le Prefetture quanto le Procure abbiano inteso che per informazioni circolari, in merito alle attività e alle segnalazioni di sofferenza bancarie e finanziarie, dovessero pensarci nella loro completezza l’Abi e/o i singoli istituti bancari. È fisiologico che una azienda, che si fermi improvvisamente, non possa far fronte ai propri impegni finanziari, precedentemente all’evento delittuoso assunti, malgrado la propria buona volontà, a causa dell’impossibilità di produrre profitto”.
E allora “ai fini della ripresa delle attività a cosa potrebbe servire, la dilazione dei 300 giorni se non coincidesse con la sospensione dell’iscrizione in Crif, tale da poter ridare credito alle “nuove attività”? Bene, il Covid 19 a nostro avviso, ci indica che qualche cosa non è andato e probabilmente non va per il verso giusto. Infatti le vittime del racket, ci pare che rimangano iscritte in Crif, anche dopo la denuncia e dopo l’avvio dell’istruttoria delle pratiche per la richiesta di accesso al fondo di solidarietà. Se vi rimanessero a causa di mancati pagamenti e/o ritardi precedenti al crimine, probabilmente sarebbe comprensibile, lo diventa meno, considerando invece le sofferenze comprese tra l’evento delittuoso e la ripartenza, quando l’impossibilità di assolvere ai propri debiti diventa manifesta e oggettiva”.
Una “anomalia” che impedirebbe all’impresa l’accesso al credito. E allora sì che per Piroso “si realizza un paradosso, ossia che chi prima del crimine ed altrettanto dopo la riapertura della attività , magari figlia di ulteriori grossi sacrifici, aveva sempre pagato i propri debiti con regolarità, venga pregiudicato proprio nella ripresa della stessa per i mancati pagamenti della fase immediatamente successiva al crimine subito . Ci pare chiaro che anche la eventuale iscrizione in Crif debba rientrare tra le sospensioni previste dai protocolli e crediamo chiaro che, nel segno della “circolarità delle informazioni” tale compito, poiché facente parte di un circuito finanziario, non possa non spettare che all’Abi e/o alle banche e finanziarie”.
Assimea Calabria esprime tutti i suoi dubbi circa l’effettivo impegno da parte di tutti i soggetti impegnati nei protocolli e “invita le varie Prefetture alla verifica ed al controllo degli accordi siglati affinché questi non vengano vanificati dalla “distrazione” di un interlocutore”.
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